Prostituzione: la ricetta per combatterla sta nella collaborazione cittadino-istituzioni

Il fenomeno è in aumento soprattutto nel sud della provincia, dove a scendere in starda sono sempre più di frequente minorenni. I risultati di un convegno per discutere del problema e cercare le soluzioni

Il fenomeno prostituzione è in aumento, soprattutto nel sud della provincia, ma può essere combattuto con una costruttiva cooperazione tra le forze dell’ordine, gli enti locali, e le varie associazioni presenti sul territorio. È quanto è emerso oggi, mercoledì, in un convegno svoltosi in Villa Truffini, organizzato dall’assessorato alle politiche sociali della Provincia, durato quasi cinque ore e avente come tema "Prostituzione e vittime della tratta". Preoccupanti i dati emersi, secondo i quali le zone maggiormente interessate sono il saronnese, il tradatese, con un particolare interesse nella bassa comasca.  Tale situazione è aggravata da un problema a livello nazionale che vede l’Italia non più solo come paese di destinazione per le tratte a fini di sfruttamento, ma come vero e proprio paese di transito per il resto d’Europa.

"Questo problema non può più semplicemente essere affrontato dalla forze dell’ordine – ha spiegato l’assessore provinciale ai servizi sociali Hans Pter Orlini (in piedi nella foto) in apertura del convegno – Necessitano una serie di strumenti che aiutino le persone anche dal punto di vista umano. Ma per farlo dobbiamo guardare le risorse che già abbiamo sul territorio". Ed è proprio su questo presupposto che si è svolto l’incontro di oggi.

Il sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale di Busto Arsizio Loredana Giglio ha illustrato il fenomeno in provincia di Varese, portando all’attenzione pubblica sia la recente situazione che i problemi a cui si va incontro per affrontarla. La maggioranza delle donne ha un’età compresa tre i 17 e i 25 anni, più del 20 per cento delle quali sono minorenni; si tratta di donne per la maggior parte di origine moldava e nigeriana. La Giglio ha poi spiegato che il problema è cresciuto per una vera e propria "domanda di mercato" e della non collaborazione della gente stessa. "Ad esempio a Busto Arsizio abbiamo appena registrato un caso di una ragazza di 16 anni che si prostituiva tra le vie della città – ha raccontato il sostituto procuratore – Questa ragazza aveva più di 300 rapporti in un mese e per le indagini non abbiamo avuto alcun contributo da nessuno dei cittadini, nemmeno dei clienti in forma anonima; si tratta di una situazione molto grave".

Negli ultimi anni si è assistito alla scomparsa delle prostitute italiane, in favore di un forte aumento di donne straniere. La gestione di queste prostitute, secondo le indagini condotte dal PM di Busto, sembra portare a una gestione della prostituzione, affidata in forma tacita dai gruppi malavitosi locali, agli stessi gruppi di stranieri che le costringono a prostituirsi con minacce e percosse. Questo crea un giro di affari che per il gestore porta un incasso superiori ai 30 milioni mensili a prostituta. Soldi che vengono poi riciclati in altre attività malavitose come droga, traffico d’armi o nell’acquisto di altri gommoni necessari alla tratta. “Per fronteggiare meglio la situazione – ha concluso la Giglio – sarebbe importante avere personale di polizia giudiziaria di origine straniera; inoltre scontiamo anche una penuria di mezzi e uomini”.

Franco Novati, dirigente della Squadra Mobile di Varese, dopo aver evidenziato anche il pericolo dell’aumento della prostituzione nei locali pubblici, ha sottolineato il fatto che però “il rilascio del permesso di soggiorno a coloro che collaborano con la giustizia (senza necessariamente arrivare alla denuncia) è solo un pezzo di carta. Il permesso di soggiorno non è un incentivo a non prostituirsi; per affrontare meglio il problema vi deve essere per la ragazza la garanzia di un percorso di integrazione sociale che abbia successo. Questo successo deve essere anche sostenuto dalla volontà della donna di uscirne”. Ed è proprio verso la costruzione di questo percorso che il convegno si è concluso portando gli esempi della “Cooperativa Lotta contro l’integrazione”, da anni attiva sul territorio che opera in una visione di integrazione sociale delle prostitute, tramite delle equipe di strada, aiuti da parte dell’Asl, la costituzione di un centro d’ascolto e di sostegno per tutte quelle donne che cercano di uscire “dal giro”.

Altro esempio di collaborazione portato all’attenzione al termine del convegno è stato quello del comune di Perugia. Silvia Alunni, rappresentante dell’assessorato ai servizi sociali del comune di Perugia, ha illustrato il progetto che è un vero e proprio programma di assistenza che, partendo dall’ascolto dei problemi delle prostitute, arriva fino alla semiautonomia delle stesse una volta uscite “dal giro”, ponendole nell’ottica di elaborare la loro esperienza. Questo progetto ha visto lo scorso anno 48 interventi e la richiesta di 28 permessi di soggiorno.

La lotta alla prostituzione e alla tratta delle persone è così stata vista in maniera diversa che la semplice espulsione. L’assistenza e la cooperazione tra le varie istituzioni, e soprattutto tra associazioni e enti locali, nel loro piccolo possono dare vita a qualcosa di fattibile che aiuti queste donne anche a integrarsi nella società.

 

 

 

 

 

 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 23 Gennaio 2002
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