Quel Bosman ha fatto un gran casino!

Varese - Intervista (seria) a Bruno dei Fichi d’India sul momento del basket italiano: nel suo mirino la sentenza Boman e il rapporto tra pallacanestro e televisione

Tutti lo conoscono come Bruno dei Fichi d’India, quello con i capelli sempre per aria, con la voce stridula e con l’ammaccatura in testa. Pochi invece sanno che Bruno Arena, prima di sbancare i botteghini di cinema e teatri di tutta Italia, era un professore di educazione fisica ma anche un allenatore di pallacanestro, un’attività in cui si è tolto alcune belle soddisfazioni. A metà degli anni ’80 infatti Bruno era alla Carnini Gavirate femminile con l’incarico di allenare sia la prima squadra sia alcune giovanili e proprio con la formazione cadette colse addirittura la finale scudetto 84-85, un evento storico per tutta la provincia. (Nella foto, tratta dal libro "Gavirate 20 anni di basket", Bruno Arena quando allenava la Carnini Gavirate).
Da sempre tifoso della Pallacanestro Varese Bruno, con l’inseparabile Max, si è visto spesso nel parterre del PalaIgnis a movimentare le partite dei Roosters dello scudetto con cartelloni dedicati ai giocatori ("Galanda ti ama Jolanda", "Mrsic è il nome o il codice fiscale?") e, la sera della finale, con un galletto liberato sul parquet prima della partita.

Bruno, un parere sulla Metis di questo girone di andata ed un giudizio sulla vicenda Demarco Johnson
«Per la verità quest’anno non ho avuto molte opportunità di seguire la stagione della Pallacanestro Varese; secondo me comunque non è del tutto negativa visto che si è partiti quasi da zero, con molti giocatori nuovi da inserire. Johnson da quanto ho capito non ha avuto un atteggiamento molto responsabile nei confronti della squadra dimostrando di non avere il minimo attaccamento alla maglia».

Questo purtroppo è un dato di fatto che caratterizza gran parte del basket attuale…
«Sicuro, e la cosa mi rattrista molto! Certo che quel Bosman ha fatto dei gran casini! Ora si vedono squadre con 5 americani e con 3 italiani magari naturalizzati: non ha alcun senso! Così si arriva ad avere molti giocatori mercenari, cui non interessa giocare a Varese o a Bologna per il blasone dei club, per loro l’importante è guadagnare tanto e se scelgono un club piuttosto che un altro lo fanno quasi esclusivamente per questo motivo. Certo non tutti: Cecco Vescovi è una bandiera, è superiore a certi discorsi; come lui c’è Antonello Riva a Cantù: un capo carismatico che fa ancora sentire la sua voce ai tanti americani che hanno fatto risalire i brianzoli in classifica. Sia chiaro, il discorso vale nel basket come nel calcio, per i giocatori europei come per quelli americani. Si è persa anche la solidarietà tra giocatori: anni fa ad esempio se uno statunitense giocava contro un connazionale sull’orlo del taglio gli dava una mano, magari facendogli segnare qualche punto in più per fargli fare bella figura (se la partita lo permetteva). Ora anche questa forma di umanità è scomparsa. Un’altra vicenda che mi ha sempre fatto arrabbiare riguarda le naturalizzazioni. Che senso ha far passare per greco uno jugoslavo che la Grecia l’ha vista in cartolina? Quando ero un supertifoso della Ignis non concepivo come il Real Madrid o il Maccabi potessero schierare americani "mascherati", magari apposta per battere l’invincibile Varese!»

Tu e Max avete fatto molto per la visibilità del basket in televisione: hai in mente qualche altra esibizione con tema la palla a spicchi?
«Se ti riferisci alle nostre apparizioni al Palazzetto per il momento non abbiamo questa previsione. Mi piacerebbe molto rifare qualche puntata di "Quelli che il calcio" in collegamento dai palazzetti come due anni fa, ma è un’idea di difficile realizzazione. Il calcio in Italia è troppo potente ed ai calciofili non interessano queste iniziative: ci sono posti in Italia in cui se nomini Andrea Meneghin o Pozzecco ti guardano stralunati, se invece parli di… Schenardi, che gioca in serie B, ti dicono vita, morte e miracoli… Fosse per me condurrei un’edizione di "Quelli che…" dedicata solo a basket e volley, altro grande assente nelle trasmissioni sportive!»

Come mai sei venuto a seguire l’allenamento della Metis? Pensi a un ritorno alle panchine?
«Assolutamente no! Sono qui perché quel… di Gianmarco non risponde mai al telefono (il Poz lo guarda e scoppia a ridere)!!! Sono dovuto venire qui di persona a trovarlo! Credo che ci sia un tempo per ogni cosa: l’esperienza da allenatore è stata molto gratificante ma la considero conclusa: Colombo puo’ stare tranquillo, non insidio il suo posto!!!» (Ironia della sorte Colombo approdò alla panchina di Gavirate pochissimi anni dopo l’uscita di scena di Bruno come allenatore della Carnini ndr).

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Pubblicato il 22 Gennaio 2002
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