L’amore per la libertà, sopra ogni cosa

La sezione bustese dell'Anpi ha dedicato l'8 Marzo alle donne della lotta partigiana. Fra queste c'è anche Iole Tosi, che racconta la sua scelta

Si, potevi innamorarti mentre combattevi per la Libertà, ma quello che facevi restava sempre un segreto per tutti. Partigiana lei, Iole Tosi e partigiano lui, l’allora fidanzato e futuro marito: della loro attività nessuno dei due seppe nulla per quasi un anno. «La nostra era un’attività  clandestina, al mio fidanzato non ne avevo mai parlato – racconta la partigiana bustese – ma una sera ci incontrammo ad una riunione in cui si doveva organizzare di disarmare un fascista, avevano bisogno di una donna, e lì incontrai il mio moroso, ci guardammo e capimmo». Fare la Resistenza voleva dire anche questo, essere innamorati e non potere condividere, perché forse l’amore per la libertà allora aveva un valore assoluto. Iole Tosi(nella foto sotto a sinistra) oggi ha settantasette anni, vive ancora a Busto Arsizio dove ha lavorato in maglieria e dal 1943 al 1945  ha partecipato attivamente alla guerra di Liberazione. La sua storia è raccontata in un libro insieme a quella di altre dieci donne, la cui esistenza si è intrecciata con la lotta partigiana. Ieri sera la sezione "Giovanni Castiglioni" dell’Anpi ha voluto rendere loro un omaggio, con uno spettacolo musicale interpretato dal gruppo di canto popolare "Donna Lombarda" e che ha ripercorso, dalla parte della donna, le tappe importanti della nostra storia. Erano presenti in sala quattro delle protagoniste del libro "Donne per la libertà", una raccolta di storie partigiane al femminile, edito dal Comune e dalla Pro Loco di Gorla Maggiore. C’erano Vincenzina Locarno (nella foto sotto a destra), Alma Negrini, Giannina Noè Pellegatta e Iole Tosi. 

Storie di donne che hanno scelto di reagire all’occupazione nazi-fascista. «Si direbbe che la decisione di collaborare alla lotta partigiana nasca in tutte da un istinto preriflesso contro la sopraffazione, il sopruso, contro le elementari norme della convivenza  in cui vengono misconosciuti i diritti fondamentali della persona» scive Daniele Mantegazza nella prefazione del libro. E ancora «Niente di eccezionale, ma tutto di eroico, per queste donne libere». Così è stato anche per Iole Tosi. È vero, la sua è una famiglia antifascista della prima ora. Ma a dieci anni è ancora troppo presto per elaborare teorie. Eppure è a quella età che matura il suo sentimento antifascista. «Ero una ragazzina e aiutavo mio padre che gestiva il Circolo Cavallotti di piazza Manzoni, fu in quell’occasione che assistetti ad una scena che mi impressionò e cominciò a farmi capire cosa era il Fascio». E racconta di sei vecchietti che giocavano a carte, di due fascisti in divisa che al loro ingresso si avvicinano al tavolo pretendendo il saluto romano. Si alzano tutti, tranne uno. È sordo muto, non capisce e per questo viene malmenato. Una pesante condanna invece per il padre che reagirà, buttando fuori uno dei due fascisti. Era il 28 ottobre del 1935. «Per non parlare del monumento ai Caduti della Prima Guerra di piazza Garibaldi che tirarono giù per farne palle di cannone – racconta ancora Iole Tosi –  mio padre mi aveva insegnato il rispetto dei morti sempre e comunque, questo fu un altro colpo che mi porterà a diventare antifascista e comunista». E a partecipare alla guerra di Liberazione. 

Brigata garibaldina, nome di battaglia Lina. Il suo gruppo era formato da sei donne. A diciotto anni faceva parte del Comitato cittadino. «Accompagnavamo i ragazzi in montagna, andavamo a Milano a ritirare la stampa clandestina e l’azione più importante che ho compiuto, nel 1944, è stata quella disarmare un fascista – spiega – per fare tutto questo è stato prezioso anche l’aiuto del mio datore di lavoro Antonio Formenti, che era si terribile, ma vicino al movimento, ed era lui che firmava dei lasciapassare che mi consentivano di evitare il coprifuoco». Quante furono le rinunce di Iole Tosi e il confronto con le donne che non fecero queste scelte «Tantissime rinunce e tanti sacrifici, ma allora si stava male tutti, quanto alle altre donne, ci fu invece molta adesione e partecipazione agli scioperi che organizzavamo, certo anche le mie compagne di lavoro non conoscevano la mia attività e il fidanzato, anche quello si vedeva quando c’era tempo». 

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Pubblicato il 08 Marzo 2002
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