Prostituzione cinese nella rete
Annunci a pagamento coprivano una casa di appuntamenti con ragazze orientali
«Cinese giovane ti aspetta» recitava il messaggio pubblicitario, pubblicato dal 2 al 25 agosto sulle colonne di un quotidiano locale. Chiamare quel numero di telefono significava parlare con la signora Li Hoi, senza tanti giri di parole, "maitresse" di un bordello a Solbiate Arno. Ambiente discreto, prestazioni in serie, modello fabbrica, una ogni venti minuti, per un guadagno netto, che solo ieri, giorno in cui i carabinieri sono entrati in azione, è stato di 6.300 euro. L’operazione condotta dal Comando stazione di Gallarate (nome in codice "Shiatsu express") è importante per due motivi: è la prima volta che un giro di prostituzione casalinga viene ricondotta ad immigrati clandestini cinesi e perché in mezzo c’è anche una storia di passaporti clandestini e di canali malavitosi su cui i carabinieri mantengono un riserbo pressoché totale. Sono tre le persone raggiunte da ordinanza di custodia cautelare e arrestate: Francesco Posca, 42 anni, origini calabresi, già noto alle forze dell’ordine per precedenti di rilievo, Li Hoi, 32 anni, la padrona di casa dell’appartamento di via Capriolo 13 e una "lavorante", Zhang Wenli. Una quarta persona, un sessantenne originario del luinese, è stata denunciata a piede libero. Posca era il cervello dell’organizzazione. Le sue ragazze erano dotate di passaporti falsi e tenute chiuse in casa dalla donna che gestiva gli appuntamenti, tanto che anche i pasti venivano recapitati a domicilio, per evitare perdite di tempo e sguardi indiscreti. La sua attività di agente immobiliare gli permetteva poi di individuare appartamenti in luoghi particolarmente favorevoli. Il palazzo di sei piani di Solbiate era infatti praticamente disabitato, fatta eccezione per una donna anziana, unica residente dello stabile. I carabinieri sono partiti da un’ipotesi investigativa che nel corso dell’indagine ha assunto contorni diversi: la segregazione in casa di immigrati clandestini. Invece, nel corso degli appostamenti, i militari hanno fatto luce sull’attività di prostituzione. Ai clienti, dopo la telefonata al numero impresso nell’annuncio, veniva chiesto di raggiungere la via Capriolo. Giunti sul posto dovevano chiamare ancora il numero e infine veniva loro chiesto di suonare il campanello 6. Gli affari così giravano più che bene. Una prestazione costava dai 40 ai 70 euro e ogni pomeriggio almeno una quindicina di uomini faceva la fila per incontrare le ragazze di Li Hoi. In un anno si poteva arrivare a fatturare anche 250mila euro. |
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