«Io, uno di quelli della via Walder»

I ricordi de "L'unica radio libera dell'occidente occupato" nel racconto di Claudio Del Frate

Ho bazzicato Radio Varese solo per un breve periodo; diciamo un anno e siamo già larghi di manica. Ma tanto è bastato perché nascessero amicizie che durano ancora oggi, dopo vent’anni. Altre persone ho conosciuto in anni successivi e ogni tanto durante la conversazione si scopriva che con loro avevo condiviso l’esperienza in via Walder. E lì scattava un’immediata affinità da reduci, un “…ma allora c’eri anche tu…ma allora hai conosciuto…” che automaticamente avvicinava. Amicizia è la prima parola che, nel vecchio gioco delle associazioni di pensiero mi viene spontaneo accostare a Radio Varese. Ma fin qui siamo nella sfera del personale: “cavoli tuoi” potrebbe dire chiunque non sia passato dalla sede di via Walder ma che di amici se ne è fatti tanti lo stesso. Dunque passiamo ad altro. Spesso si è sottovalutato il segno che l’esperienza di Radio Varese ha lasciato sotto il profilo della diffusione della cultura musicale; durante la gestazione del libro sono venuti a galla i palinsesti delle trasmissioni, i titoli delle rubriche e sembra incredibile come abbia potuto esistere un’emittente che pur propinando dosi massicce di rock, blues, country e cantautori italiani non tralasciava generi sicuramente di inferiore appeal come la psichedelica, la classica, il jazz contemporaneo. “L’unica radio libera dell’occidente occupato” era lo slogan della radio che giustamente compare anche sulla copertina del libro: una frase sfrontata, azzardata e geniale proprio come il clima di quegli anni. Ecco, stare in via Walder ha voluto dire misurarsi con qualcosa di più grande, alzare il livello; ma anche “farsi il mazzo”. Là dentro ho incontrato gente che ne sapeva più di me di politica, di libri, di cinema, di musica. Con Radio Varese ho imparato a non fermarmi a De Andrè o ai Pink Floyd ma provare anche che effetto fa ascoltare un disco dei Weather Report o vedere un film di Fassbinder. Come ha scritto con irresistibile ironia Mauro Zambellini in un capitolo del libro «…anche uno sbarazzino e un po’ ruffiano programma di musica a richiesta per casalinghe aveva come sigla “Rock ‘n roll” di Lou Reed, ovvero un brano di dieci minuti dal vivo di assoluta violenza elettrica». Questo fu il piccolo miracolo di Radio Varese. Citatemi, se ne siete capaci, qualcosa di analogo in circolazione oggi.

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Pubblicato il 30 Ottobre 2003
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