Il ritorno di Dan Flavin

Una grande mostra riporta in Italia opere dalla Collezione Panza del Guggenheim di New York. La più importate retrospettiva mai realizzata in Europa

Bisogna regalarsi tempo, prendere la visita come un cammino spirituale e percorrere le installazioni con una insolita calma. Solo così è possibile leggere le opere che si susseguono nelle piccole stanze senza finestre percorse dalla luce fluorescente di tubi al neon. Solo con una lunga pausa solitaria è possibile avvicinarsi al messaggio e alla spiritualità che Dan Flavin, artista americano più volte ospite sul colle di Biumo, voleva trasmettere.

La mostra che apre a Villa Panza giovedì 30 settembre dal titolo “Dan Flavin. Stanze di luce tra Varese e New York” ha il merito di riportare a Varese otto opere presenti nella collezione Panza fino alla donazione al Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Un corpus, che insieme alle installazioni permanenti della casa-museo realizzano la più importante mostra mai dedicata in Europa all’artista americano. (Varese corridor, 1976 – Foto G. Colombo).

“Una svolta- come ha confermato Marco Magnifico Direttore Generale del FAI proprietario della Villa – che inaugura una stagione di eventi espositivi più “sofisticati”, dove la proposta non cerca solo il grande pubblico ma una scelta accurata di opere ed artisti”. Magnifico non nasconde che la politica fino ad oggi perseguita ha prediletto mostre facili e di grande impatto di pubblico e che la volontà di cambiare comincia proprio da uno dei padri dell’arte minimalista.

Flavin realizza le sue opere utilizzando semplici tubi al neon, studia accuratamente il riflesso della luce sulla tridimensionalità delle pareti e sullo spazio fisico circostante, sceglie i colori (rarissimo il verde, molto amato il rosso) per trasmette le emozioni più forti come il dolore, la gioia, la nostalgia. Con la sua luce i muri svaniscono e la percezione dello spazio si altera. (Ultraviolet Fluorescent Light Room, 1968 – Foto G. Colombo)

In stanze completamente scure, dove non esistono finestre, Flavin lavora sulle pareti, per terra, sul soffitto e soprattutto negli angoli. Lo intriga il riflesso della luce su due superfici contigue, nasconde i neon alla vista dello spettatore e riesce a creare un gioco di luci apparentemente semplice ed immediato, ma in realtà frutto di lunghe riflessioni, di un amore insoddisfatto e di laceranti contraddizioni.

Pezzi forti della mostra temporanea sono senza dubbio “The nominal three (to William of Ockham)” dedicata al filosofo francescano che molto ha scritto sulla capacità del nostro intuito e sulla capacità di comprendere la realtà e “Untitle (To Henri Matisse)” (nella foto – David Heald, SRGF, NY) dedicata al grande maestro francese. Opere importanti che non raggiungono, però, l’impatto delle opere permanenti allestite al piano superiore della Villa, che continuano ad avere una immediatezza ed una forza uniche. Come la grande sala dedicata al fratello gemello morto in guerra dove un triangolo di neon rosso fuoco ricorda la tragicità della morte, l’amore e l’odio degli uomini o “Ultraviolet Fluorescent Light room” del 1968 esposta a Documenta Kasseldove i muri irradiati di luce ultravioletta diventano quasi invisibili, come se lo spazio non avesse fine e si fosse immersi nella notte.

A pochi anni dalla morte dell’artista, scomparso precocemente nel 1996, Varese, con questa mostra e Washington, con una grande retrospettiva alla National Gallery, rendono omaggio a un grande dell’arte contemporanea. Una scelta coraggiosa, che punta ad attirare pubblico non solo dall’Italia ma anche dall’estero.

 

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Pubblicato il 29 Settembre 2004
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