Le attività di Caritas Italiana nei luoghi del disastro

Dal Kerala ad Aceh, dalla Thailandia a Sri Lanka si attiva la rete del solidarismo cattolico targata Caritas

 

Il disastroso maremoto
che il giorno di Santo Stefano ha sconvolto l’Oceano Indiano ha distrutto vite
e beni
in quantità incommensurabile. Per venire incontro almeno ai più
elementari bisogni sanitari del momento, ed aiutare in seguito la lunga e lenta
ricostruzione, Caritas Italiana si è messa in contatto fin dal 26
dicembre con Caritas Internationalis e con le Caritas nazionali dei Paesi colpiti.

 

Dopo la prima
analisi delle situazioni più critiche, l’organismo internazionale
Caritas è pronto ad attivare due squadre di esperti, che opereranno in India
e Sri Lanka. I due gruppi di lavoro per prima cosa esaminare i bisogni e
stabilire delle priorità di intervento, quindi programmeranno attività e
progetti specifici sia per l’attuale fase di emergenza, sia per quella
di ricostruzione; in più saranno responsabili della logistica
legata alla distribuzione degli aiuti e della comunicazione verso la
rete Caritas.

Quanto all’attività nei singoli paesi, Caritas India ha attivato 14
centri di distribuzione di viveri e aiuti d’emergenza. Nelle sei diocesi
cattoliche dello stato del Tamil Nadu sono stati aperti 90 centri
o campi per circa 100mila persone cui si forniscono cibo e cure mediche.
Analogo impegno viene svolto dalle Caritas diocesane dello stato del Kerala,
in collaborazione con Ong locali, in 132 campi che accolgono circa 32mila
sfollati.

 

In Sri Lanka secondo
la Caritas nazionale gli sfollati sarebbero oltre un milione. Caritas
Sri Lanka si sta adoperando per una risposta immediata attraverso la rete delle
diocesi di Jaffna, Trinciomalee/Batticaloa, Galle e Colombo: sono stati aperti 14
centri di accoglienza
, che conducono attività di emergenza, in
coordinamento con altre organizzazioni governative e non governative.

 

In Indonesia, il Paese
più duramente colpito
dal terremoto e dal successivo maremoto, centinaia
di migliaia
di sfollati hanno passato le ultime notti all’aperto o trovando
rifugio nelle moschee o in tende. Caritas Asia, in stretto collegamento
con Caritas Internationalis, sta verificando cosa sia possibile fare, ora ed in
seguito; l’accesso alle regioni colpite, nella parte settentrionale di Sumatra,
è reso difficile dal coprifuoco imposto nei mesi scorsi dal governo indonesiano
per reprimere la guerriglia indipendentista della regione di Aceh.

In Thailandia la
Conferenza episcopale ha scelto di concentrare la sua attenzione sui bisogni
delle comunità povere di pescatori delle sei province colpite dallo tsunami.
Si tratta di comunità che non hanno ricevuto alcuna attenzione da parte dei
media, concentrati sulle sorti dei turisti, nonostante abbiano accusato
numerose vittime e abbiano visti distrutti i loro mezzi di sostentamento.
L’intervento che la chiesa thailandese, supportata dalla rete Caritas, consiste
in forme di aiuto d’urgenza in 31 villaggi; successivamente si penserà a
progetti di riabilitazione socio-economica a medio e lungo termine.

In Myanmar (ex Birmania),
infine, poco si sa di quanto accaduto, anche a causa della relativa chiusura
del Paese, retto da una dittatura militare. Molto probabilmente le zone colpite
si trovano nelle diocesi di Moulmein e Yangon (la capitale, l’ex Rangoon, ndr).
La rete Caritas sta tentando di avere maggiori informazioni dalla Caritas
locale, che deve però agire con cautela.

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Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Dicembre 2004
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