Un giardino dei giusti per Calogero Marrone

Inaugurata a Biumo Inferiore la piazza all'uomo che durante l'occupazione nazifascista salvò centinaia di ebrei. Nessun consigliere comunale di An era presente

"Calogero Marrone 1889- 1945".  Dopo 60 anni, il "giusto" ha una piazzetta intitolata a suo nome. Marrone era un funzionario comunale che veniva da Favara, città in provincia di Agrigento. Nei terribili anni dell’occupazione nazifascista, utilizzò la sua posizione di capo dell’ufficio anagrafe del Comune di Varese per procurare documenti falsi agli ebrei che cercavano di attraversare il confine svizzero. Tradito probabilmente da qualcuno che lavorava nel suo ufficio, venne deportato nel lager di  Dachau, dove morì nel febbraio del 1945.
La piazza
che porta il suo nome si trova a Biumo Inferiore, nell’area Cagna, appena ristrutturata dal Comune. Un luogo placido e tranquillo. Un giardino sospeso sulla città, a pochi passi dal centro. A inaugurarla, sabato mattina, c’erano le autorità cittadine, molti politici, quasi tutti dell’opposizione, ma soprattutto tanti parenti, almeno dodici tra figli e nipoti, persino Maurizio e Kristyna arrivati dall’Inghilterra.

L’intitolazione, a questo eroe siciliano trapiantato al Nord, è l’epilogo di un percorso politico iniziato in Consiglio comunale quattro anni fa da Alessandro Azzali e Carlo Scardeoni, un tempo consiglieri dei diesse e di Rifondazione comunista, continuato poi dai consiglieri Angelo Zappoli ed Emiliano Cacioppo. Una battaglia civica e civile  per la memoria, testimoniata anche da un bel libro di Franco Giannantoni e Ibio Paolucci autori di:  " Un eroe dimenticato" (Edizioni Arterigere). lo stesso libro che uno dei nipoti teneva stretto tra le mani, mentre si inaugurava la piazza.

«Ricordare Calogero Marrone è un dovere morale della città» ha detto il sindaco Aldo Fumagalli, prima di cedere la parola allo storico Enzo Rosario Laforgia (nella foto mentre tiene il discorso) dell’Istituto storico varesino "Luigi Ambrosoli". Un discorso giustamente duro, quello di Laforgia, nei confronti di quel relativismo storico che tende a equiparare carnefici e vittime, fascisti e antifasciti. Una stoccata a chi continua a mettere sullo stesso piano chi scelse la repubblica di Salò e l’alleato nazista e chi invece combattè per liberare l’Italia dai tedeschi. «C’è il rischio di smantellare i presupposti morali di una scelta, come è stata quella di Marrone, fervente antifascista, fino a far perdere la bussola della memoria, causando una bancarotta identitaria. È meglio che le memorie restino separate per tutelare una memoria collettiva».
Che le memorie debbano restare separate, lo conferma anche il fatto che, nel giorno dell’intitolazione della piazza all’eroe di Favara, non c’era nessun consigliere comunale di Alleanza nazionale.

Il figlio Domenico Marrone, che gli somiglia straordinariamente,  guarda fisso il nome del padre inciso sulla pietra. Non si sposta, come a non volerlo lasciare .«Avevo 16 anni quando l’ho visto portare via, sapendo che non sarebbe più tornato.  Era un uomo libero e aperto, capace di darsi a chi aveva bisogno. Il nostro dolore più grande è che per molti anni, subito dopo la guerra, nessuno volesse ricordarlo».
(nella foto: il figlio Domenico Marrone con Manuela Marrone)

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Pubblicato il 20 Febbraio 2005
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