Scuole Morelli, Porfidio presenta un esposto alla magistratura

Il consigliere comunale rifiuta l'accusa di cercare solo visibilità e chiede che anche quando si coinvolgono i genitori siano rispettate le norme di sicurezza sul lavoro

Riceviamo e pubblichiamo


Ho letto il
testo diramato da Varesenews sulla mia tentata visita alle scuole “Morelli” di
Busto e della pretesa irruzione da parte mia, per cui la controparte ha
ritenuto di gratificarmi con l’appellativo di consigliere avido di visibilità. Non è per il gusto di
rinfocolare la polemica diretta con la signora Direttrice Testa, giacché, in
merito al permesso negatomi ho già presentato un esposto in Procura. Desidero
invece ribadire i principali concetti che mi hanno spinto ad effettuare il
sopralluogo. Innanzitutto ritenevo mio dovere di con­sigliere accertarmi se
corrispondesse al vero il fatto che fosse stato trascurato l’abbattimento delle
barriere architettoniche. In seconda i­stan­­za desideravo verificare la
questione relativa ai lavori eseguiti da al­cuni genitori in possesso delle
chiavi dell’istituto. Tutto questo non necessitava di alcun formale preavviso.
Non vi è stata alcuna irruzione da parte mia, quindi non era il caso di
apostrofarmi in malo modo. La visita sarebbe stata legittima in qualsiasi
momento. Se la scuola statale è af­fi­data alla tutela della “funzionaria
dello Stato”, è anche vero che i lavori sono stati eseguiti a spese
dell’amministrazione
di cui faccio parte. Mi lasciano del tutto indifferente i
sarcastici rilievi della Signora Direttrice, alla quale, considerata la sua
supposta estrazione politica, può
piacere o no la mia collocazione, inducendola ad insinuare che avrei leso le
prerogative del servizio pubblico per evidenti motivi di carrierismo. Pensi,
piuttosto, al carattere dell’incarico “affidato” ad alcuni genitori nel­l’am­bito
di quello che lei definisce “collaborazione scuola fa­miglia”, cioè un
incarico “niente affatto indebito e clandestino”, per il quale, tuttavia, dati
gli eccellenti rapporti, ci si deve risolvere, in ultima analisi, a chiedere il
risolutivo intervento del Comune. Non è che, da brava funzionaria sta­tale,
dopo aver affidato detto incarico si è accorta di aver trascurato l’ap­plicazione
della legge 626/94 che contempla la sicurezza sul lavoro?

 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 04 Marzo 2005
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