Grande successo di pubblico per “Mai Morti”
Sfiorato il tutto esaurito al Teatro Sociale per il monologo di Renato Sarti, affidato all'interpretazione del grande Bebo Storti
È stata una serata memorabile quella del Teatro Sociale di Busto Arsizio, ieri sera. Un pubblico valutabile tra le 500 e le 600 persone ha riempito ieri sera la platea e la galleria per assistere a "Mai Morti", dramma teatrale in forma di monologo scritto da Renato Sarti e interpretato da uno straordinario Bebo Storti.
Lo spettacolo ha costituito la prima iniziativa in vista dei festeggiamenti del 25 aprile, 60° anniversario della Liberazione dal nazifascismo e della fine della Seconda Guerra Mondiale in Italia. L’organizzazione era a cura del Gruppo Spontaneo Antifascista, un’associazione di giovani bustesi nata in reazione all’attentato all’Anpi dell’8 settembre scorso, con l’appoggio di Anpi stessa, Aned (Associazione Nazionale ex Deportati) e Fivl (Federazione Italana Volontari della Libertà) e il patrocinio del Comune di Busto Arsizio. All’ingresso del Sociale si raccoglievano inoltre firme per due petizioni, una volta alla riconversione dell’industria bellica lombarda, l’altra contro l’equiparazione giuridica tra ex combattenti della Repubblica di Salò ed ex partigiani.
La scena del monologo è aspra, solitaria e squallida come i ricordi del nostalgico fascista interpretato da Storti. Una stanza da letto, un anziano insonne che si sveglia di colpo ed inzia a rievocare i peggiori crimini del regime fascista, e non solo. Un fascismo visto non come la "parentesi" di crociana memoria, ma come elemento ineliminabile della vita politica italiana, da Salò al G8 di Genova passando per lo stragismo e i depistaggi di Stato. Dalla rievocazione del depistaggio su Piazza Fontana, con l’assassinio dell’anarchico Pinelli (innocente) e la carcerazione dell’altro anarchico Valpreda (anch’egli completamente innocente), il "nostalgico" passa a rievocare gli orrendi crimini di guerra dell’esercito italiano in Etiopia, nel 1937, con migliaia e migliaia di civili etiopi massacrati senza pietà, e i gas tossici usati dall’aviazione italiana contro i villaggi di capanne nell’invasione del 1935-1936.
Ma l’eccitazione del nostalgico tocca il culmine quando, con sadica perversione, rievoca minutamente le orrende torture che i peggiori figuri della X Mas – e segnatamente il tenente Umberto Bertozzi, uno psicopatico di prima grandezza – infliggevano ai partigiani catturati durante la guerra civile del ’43-’45. Donne stuprate fino ad impazzirne; giovani uccisi a colpi di sacchi di sabbia; scosse elettriche; ustioni; pugni di sale messi in bocca a disgraziati morenti di sete; testicoli schiacciati in un cassetto; finte fucilazioni; un’intera stanza, nell’attuale palazzo della Pretura di Maniago (Friuli), dipinta di nero e decorata con teschi e immagini di partigiani torturati. Questi i "trionfi" di cui si bea il nostalgico descritto a tinte foschissime da Sarti e Storti. Per finire, in conclusione, con le assurde speranze di un "torneremo", accompagnate dagli innumerevoli episodi di revisionismo storico degli ultimi anni, dall’approvazione per le violenze contro i manifestanti del G8 a Genova (filmati terribili, mai visti alla televisione italiana, che mostrano manifestanti insanguinati e tumefatti arrestati, e denunciano chiaramente le connivenze tra elementi delle forze dell’ordine e i black bloc che misero a ferro e fuoco il capoluogo ligure).
All’esterno del teatro Sociale vigilava la Polizia di Stato: più volte le rappresentazioni di "Mai morti", testo duro e provocatorio, sono state infatti oggetto di disordini e provocazioni di stampo neofascista.
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