Dove cessa il volontariato e comincia l’opera retribuita
Il volontariato è passione: religiosa, sportiva, civile, o anche politica. Si sente che si è in qualche modo debitori verso la collettività, e ci si dedica a qualcosa di utile appunto alla collettività: si assiste il parroco nella gestione della parrocchia, si allenano dei giovani in qualche sport di squadra, si assistono persone bisognose, si frequentano le sedi di un partito con l’idea che questo contribuisca a definire e realizzare un mondo migliore.
Sono tutti comportamenti che ci affrancano da un atteggiamento egoistico e dalla vocazione al “particulare” per darci un grato senso di partecipazione. Ampliamo così concretamente la cerchia degli affetti e della colleganza di famiglia, per estendere questi sentimenti a un gruppo di persone più vasto.
Ma teniamoci ai partiti, che erano il tema dello scorso articolo, tema che richiede un approfondimento. La passione politica può esprimersi in discussioni e critiche, fatte al bar, nei salotti o in famiglia, e certamente questo può soddisfare un’esigenza di espressione intellettuale, ma tutto finisce lì. Solo in un partito è possibile convogliare aspirazioni ed attese con speranza che esse possano realizzarsi in uno stato democratico. E anche qui, quanta distanza v’è fra l’impegno personale e il risultato generale! Provo a ricostruire la vita politica di un simpatizzante che si iscrive a un partito. Una sera alla settimana (o con diversa periodicità) si reca nella sezione (un locale sede della sezione cittadina o paesana del partito) dove gli iscritti si riuniscono, discutono di problemi politici e organizzativi, talvolta questa discussione è a tema e il segretario locale guida e modera il dibattito, talvolta viene un personaggio importante a esporre il suo pensiero o quello ufficiale del partito. E’ un allenamento a discutere, a capire le cose, condizionato tuttavia in un’ottica molto partigiana. Ma tant’è, è un allenamento intellettuale svolto trattando problemi generali in una prospettiva che trascende l’interesse dell’individuo. Si svolge poi un’opera di propaganda, di diffusione del proprio pensiero, o meglio del pensiero del partito. Si tratta di portare all’esterno, verso il resto della cittadinanza, questa scuola intellettuale di approccio politico ai problemi, sostanzialmente con due motivazioni: la diffusione di una mentalità e l’acquisizione del consenso in vista di contese elettorali.
E tutta questa attività, tutti questi dibattiti, incontri, contatti interni alla organizzazione ed esterni, servono anche a selezionare persone capaci che possano rappresentare le idee politiche a tutti i livelli della struttura politica dello stato. Qui bisogna fare una distinzione, fra funzione politica e funzione amministrativa. Questa distinzione è stata introdotta nella prassi organizzativa della cosa pubblica dalla legge “Bassanini”, che ha tenuto ben distinti poteri e responsabilità amministrativi di comuni e province da poteri e responsabilità politici. I primi spettano ai funzionari, che ne rispondono di persona di fronte alla legge, i secondi ai politici eletti, e si tratta sostanzialmente di poteri di indirizzo.
E tutto questo discorso introduce la considerazione che la prima funzione dei partiti, cioè quella di organizzare la capillare e territoriale espressione delle aspettative della cittadinanza e dare ad essa un indirizzo costruttivo politico, è espressione di volontariato e ha come costo quello delle sedi e del loro funzionamento: costi di riscaldamento, illuminazione, comunicazione. Penso che ogni comune dovrebbe mettere a disposizione, in propri stabili, delle sedi adeguate per le associazioni locali, e quindi anche per i partiti. Si tratta di rendere possibile una funzione importantissima della vita associata democratica senza doversi arrabattare per trovare i fondi necessari, e questo è compito delle amministrazioni locali che dovrebbero sostenerne gli oneri.
Poi il volontariato non retribuito può cessare, e i pubblici rappresentanti negli organi istituzionali (parlamento, regione, provincia, comune) saranno retribuiti per il tempo che dedicano alla comunità e avranno a disposizione i mezzi di informazione e di ricerca necessari (portaborse o segretari e simili). Sono funzioni fondamentali dello stato democratico, e qui si apre un discorso di utilizzo al meglio delle risorse a carico dalla collettività: governo, strutture e uffici studi dei ministeri, disponibilità organizzative della Camera e del Senato, parlamentari e loro ausili. Potrebbe restare poco da fare alle segreterie dei partiti.
La legge Bassanini ha introdotto nelle amministrazioni locali i concetti di efficienza, efficacia ed economicità, propri anche delle aziende. Non è detto che siano sempre seguiti, ma ci si prova. Mi chiedo cosa si faccia per verificare efficienza, efficacia ed economicità in campo istituzionale nazionale per la politica e per l’importantissima funzione dei partiti. Un confronto cioè, abituale e vitale nella prassi aziendale, fra costi e risultati.
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