“Nel sindacato nessuno è straniero”
Flavio Nossa della Cgil e Sergio Moia della Cisl ospiti di un incontro organizzato dall'associazione Cittadini del Mondo
Ci sono lavoratori dell’Est Europa che li vedono come un occhio statale nato per controllarli e immigrati del Sud America che li pensano come enti, con qualcosa di clandestino, creati per lottare contro i datori di lavoro. Quello che è certo è che per molti stranieri in Italia il ruolo dei sindacati non è sempre chiaro e nemmeno spiegarlo è facile. Partendo dai concetti base ci hanno provato questo pomeriggio Sergio Moia e Flavio Nossa, delle segreterie provinciali di Cisl e Cgil, in un incontro organizzato a Sesto Calende dall’Associazione Cittadini del mondo.
«Esperienze diverse e diverse tradizioni – ha spiegato Giovanni Chinosi (sopra nella foto) responsabile dell’associazione – hanno creato infatti una concezione del sindacato che cambia da immigrato a immigrato. Mi sono accorto, passando molto del mio tempo con persone che arrivano da lontano, quanto sia difficile spiegare l’importanza di queste associazioni per chi lavora come dipendente. Eppure è proprio tra loro che è più sentita l’esigenza di essere protetti e tutelati».
Problemi come la sicurezza sul posto del lavoro, le discriminazioni o l’irregolarità sono all’ordine del giorno per molti lavoratori non italiani. Problemi che spingono un sindacato che vuole risolverli anche a ripensarsi: «L’immigrazione – ha spiegato Flavio Nossa della Cgil – ha contribuito a riaffermare la necessità di tornare ad avere un sindacato generale. In quest’ottica
Per capire le esigenze di chi arriva da altri paesi non serve solo attenzione ma anche esperienza: «C’è chi – ha aggiunto Nossa – chiede di poter concentrare le ferie in un unico periodo dell’anno perchè vuole tornare nel proprio Paese a far visita alla famiglia o chi, per motivi religiosi o culturali, segue un’alimentazione diversa dalla nostra e chiede al servizio mensa dell’azienda una dieta diversa dagli altri lavoratori. Sono piccole attenzioni che, soprattutto in presenza di problemi più gravi, passano in secondo piano ma l’integrazione è fatta anche dalle piccole cose».
Il numero di immigrati iscritti alla Cgil è cresciuto di anno in anno tanto che oggi circa un lavoratore su dieci non è italiano. Più difficile è però trovare delegati e rappresentanti stranieri. Hicham Mourtadi è uno di quelli, è in Italia dal ’95 e di voglia di portare avanti gli interessi di chi, come lui, ha una storia da migrante ne ha da vendere. «Per anni – ha raccontato – sono stato volontario dell’associazione Cittadini del mondo e del Coordinamento immigrati della Cgil. Ho visto come lavora un sindacato confederale e suggerisco a chi ha esperienze come la mia di prenderlo in considerazione. Ultimamente, inoltre, si parla dei sindacati stranieri che rappresentano i lavoratori di una stessa nazionalità. Sono scettico su questo: temo che in questo modo si rischi di isolarsi e di essere tagliati fuori dalla società».
L’invito ad interessarsi alla vita sindacale è stato lanciato anche da Sergio Moia della Cisl. Nel suo intervento ha spiegato in modo semplice e chiaro i principi democratici che stanno alla base di un sindacato: il funzionamento delle assemblee, dei congressi e delle mozioni. «La partecipazione al sindacato di persone straniere porta l’organizzazione stessa a prestare maggiore attenzione ai loro problemi poichè questi diventano parte del gruppo e le loro esigenze un interesse degli associati. Il nostro sindacato ha preferito creare un ente specializzato nel servizio agli immigrati, l’Anolf presente con degli sportelli su tutto il territorio. Si tratta di un’organizzazione che offre informazioni, aiuti e consigli e che in alcuni casi permette di avere dei contatti utili a trovare un lavoro».
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