Gogo, il rock varesino suona nella Grande Mela

Lorenzo Bertocchini si racconta e racconta il suo nuovo cd live, "Live at the Sidewalk Café", registrato a sorpresa nel famoso locale di New York

Che Lorenzo "Gogo" Bertocchini avesse gli States nel sangue lo sapevamo: dal sound "americana" delle sue canzoni, da solista o con gli Apple Pirates, ai tour oltreoceano, l’ultimo dei quali l’ha portato negli Usa ad aprile di quest’anno. Oggi c’è anche un live che arriva dritto da New York a dimostrarlo: inciso a dicembre dell’anno scorso al Sidewalk Café, sarà presentato a Varese all’Art Hotel sabato 30 giugno durante il tour estivo degli Apple Pirates, che toccherà anche Mercallo il primo luglio, Villa Faraforni di Vedano il 20 e la Notte Bianca di Verbania il 21 luglio (per saperne di più, visita il sito ufficiale o lo spazio MySpace; la copertina del cd è di Alessandro Talamona). Abbiamo parlato un po’ con lui, tra musica, "mostri sacri" del rock e vita newyorkese…

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Lorenzo Bertocchini in tour – 2007 4 di 10

Eccoti al tuo primo disco dal vivo… Si chiama “Live At The Sidewalk Café” ed è stato registrato nientemeno che a New York. Che impressione ti fa sentirti dal vivo? Come lo hanno accolto i tuoi fans?

Beh, mi fa una bella impressione perché ogni volta che ascolto le canzoni registrate quella sera mi torna in mente la bella atmosfera che c’era nel locale e la festa che abbiamo fatto dopo il concerto al Joe’s Pub, un bar vicino. Anche i miei fans sono contenti di questo cd: nel corso degli anni erano stati in molti a richiedermi un cd registrato dal vivo. Questo disco “cattura” una mia serata solista, con solo voce, chitarra acustica e armonica. Il prossimo live vorrei farlo con tutto il mio gruppo, gli Apple Pirates.

Qual è il filo conduttore delle sedici canzoni? Ci sono novità nel tuo sound?

Non credo ci sia un filo conduttore. O meglio, il filo conduttore sono io che le canto! Quasi tutte le canzoni che suono sono delle storie, dei piccoli film. Ecco, forse questa è una caratteristica comune a tutte le canzoni… Per quanto riguarda le novità nel mio sound, direi che non ce ne sono. Anzi, con questo cd forse sono “tornato indietro”. Sono tornato più scarno, più semplice, più io.

Come hai trovato il pubblico newyorkese?

Molto attento. Molto esigente. Molto preparato musicalmente. Educato alle novità, alle diversità. Molto variopinto, molto stimolante per un songwriter che arriva da fuori e vuole farsi conoscere.

Il Sidewalk Cafe è uno tra i centri della scena dell’anti-folk, un genere musicale che si è sviluppato proprio a New York e viene considerato come un sottogenere del punk-rock. Come mai hai scelto proprio questo locale per registrare?

In realtà è il locale che ha scelto me. E io ho accettato l’invito con grande entusiasmo e orgoglio: è sicuramente uno dei punti di riferimento per i musicisti a New York ed è stato un onore suonarci nel dicembre del 2006, quando ho registrato il cd, e poi ancora nell’aprile del 2007, quando la mia tournée americana successiva mi ha portato di nuovo nella Grande Mela. Il locale è gestito da Lach, uno strano individuo che da anni promuove questa filosofia dell’anti-folk… A due passi dal Sidewalk c’è il posto dove i Ramones andavano a farsi i milk-shakes. Sull’angolo opposto c’è il locale di Jesse Malin. Tutto intorno c’è un’aria di arte e rivoluzione, qualsiasi cosa ciò significhi. Per adeguarmi, quella sera ho deciso di suonare la mia tarantella-punk…

Una tarantella-punk?

Sì, si chiama “All I Want For My Birthday” ed è una tarantella di protesta! L’ho scritta per far sapere a tutti che per il mio compleanno non voglio più ricevere i “soliti regali”: quest’anno voglio Mallika Sherawat, l’attrice indiana di cui sono follemente innamorato. Al Sidewalk Café l’ho fatta cantare al pubblico e ogni volta che arrivava la frase “what do you want?”, Ruth Gerson, che era venuta a sentirmi, insegnava al pubblico il gesto tipicamente italiano per dire “cosa vuoi”! Uno dei momenti memorabili del concerto!
Nel corso della serata l’ho invitata sul palco…e lo stesso ho fatto con Marco Terminio, un’altra mia "vecchia conoscenza"… sicuramente uno dei performer più irresistibili della nostra provincia. Marco è uno dei miei migliori amici e compagni di viaggio: ne abbiamo fatti tanti insieme, compreso quello in India durante il quale ho scattato le foto per la mostra "I volti dell’India". Era con me anche a New York, lo scorso dicembre, mentre a mia insaputa veniva registrato il mio live. Non potevo lasciarlo al tavolino a bere Jack Daniel’s tutta la notte, così ad un certo punto l’ho invitato sul palco! E adesso anche New York conosce la sua grandissima voce e le sue acrobazie… Chi lo ha già visto sul palco sa cosa intendo!

In che senso il live veniva registrato a tua insaputa? Non avevi richiesto tu la registrazione del tuo concerto?

In realtà no: fu il tecnico del suono, Ben Godwin, a consegnarmi il cd a fine serata… Io lo ascoltai in macchina, una volta tornato in Italia e mi piacque così tanto che decisi di pubblicarlo ufficialmente.

In scaletta ci sono otto brani originali, ma anche cover di big come Dylan, appunto, e Elliott Murphy…

Era doveroso omaggiarli… Elliott è un po’ come un padre musicale per me. Credo che anche lui ne sia cosciente, visto che nelle note di copertina di “Looking For A Hero” aveva scritto che io ero come un figlio per lui… Quel disco era un tributo a Elliott e alla sua musica. Io ero l’unico italiano nel il cast internazionale di partecipanti, ed ero presente con la mia versione di “Something Like Steve McQueen”, una sua bellissima canzone. Al Sidewalk è proprio questa canzone che ho ripreso. Dylan è l’inizio di tutto, il punto di riferimento più alto per chi scrive e suona, un “mostro sacro”. E visto che i suoi capolavori non temono il tempo, ho pensato di suonare la sua “Forever Young”.

A proposito di “mostri sacri”… Qualche giorno prima di registrare questo live avevi diviso il palco e il microfono con il tuo idolo, Bruce Springsteen. Dove è successo e cosa hai provato?

E’ successo allo Starland Ballroom di Sayreville, nel New Jersey. E, per usare la frase più scontata, è stato un sogno che si è avverato. Ma è stata anche la conferma di quando Bruce sia una persona “alla mano”, disponibile e generosa… Nonostante il successo, è rimasto un essere umano che sa apprezzare i “piaceri semplici della vita” e non è diventato un “marziano” come tante altre rockstar.

Torniamo per un attimo al tuo cd solista precedente, "Whatever happens next"… In "Poor Old New York" raccontavi la New York dell’11 settembre. A fine 2006 ci sei ritornato per registrare il cd live, e anche nell’ultimo tour Usa di marzo/aprile hai fatto un salto nella Grande Mela. A distanza di anni, come l’hai ritrovata? Che clima vi si respira?

L’11 settembre non è più una ferita aperta, perché è giusto andare avanti e guardare al futuro, ma sicuramente è una cicatrice che rimarrà per sempre lì, dove un tempo c’erano le Torri Gemelle. Intanto, New York continua ad essere quello che è sempre stata: una città incredibile, con tutti i suoi eccessi, rumori, luci, colori, taxi gialli che sfrecciano, fumo che esce dai tombini, gente di ogni razza e religione che si mescola sui marciapiedi… E quando Sinatra la descriveva come “la città che non dorme mai”, cantava una sacrosanta verità: New York è sveglia, attiva e frenetica ventiquattrore al giorno.

Il 17 febbraio, al Woodoo Pub di Bisuschio, ad aprire il tuo concerto con gli Apple Pirates c’erano gli E-toys, la band che ha vinto l’edizione 2006 di Luvonrock, il festival dedicato ai gruppi emergenti. Come ti trovi con loro, cosa ti piace della loro musica?

Gli E-Toys sono dei bravissimi musicisti e dei ragazzi molto entusiasti e simpatici. Pur essendo nati da poco, hanno molta personalità e hanno già raggiunto un ottimo livello… Non è un caso quindi se hanno vinto Luvonrock l’anno scorso. Spero che la loro grande passione per la musica li porti a continuare su questa strada e a proporre sempre più brani originali.

Che cosa pensi di iniziative come Luvonrock? Tra l’altro, venerdì e sabato ci saranno le semifinali dell’edizione 2007

Servono al pubblico per scoprire nuovi talenti e ai gruppi per farsi conoscere. Sono quindi molto importanti, a patto che siano organizzate con serietà e con una giuria affidabile e competente. Luvonrock mi sembra un evento organizzato davvero bene… Sono sicuro che, come l’anno scorso, il gruppo vincitore meriterà il primo posto al concorso e le nostre attenzioni future.

Immagina di incontrare un giovane di Varese appassionato di musica e che sta cercando di farsi conoscere con il suo gruppo… Cosa gli consiglieresti?

Di essere sempre umile, sincero e desideroso di imparare. Tutti noi musicisti dobbiamo essere sempre così. Gli consiglierei, inoltre, di cercare di capire cosa lo rende unico e di puntare su quello… Ci sono tanti musicisti in giro, ma quelli che diventano “icone” sono quelli che hanno qualcosa che li contraddistingue dagli altri. Sono gli stessi consigli che do a me stesso ogni mattina, quando mi alzo e mi preparo il caffé.

Se volessimo fare un paragone con gli Usa, che differenza c’è tra un giovane gruppo americano che tenta di emergere là e il corrispondente che vive in Italia, dove è più difficile?

Negli USA ci sono molti più locali, molte più occasioni per esprimersi. Che è un bene. Ma c’è anche il rovescio della medaglia: a volte, proprio per via di questa abbondanza, la musica dal vivo diventa “una routine” e non un evento. E poi è più difficile trovare locali che retribuiscano decentemente un gruppo giovane – o comunque non molto conosciuto. Ma sono convinto che se hai talento e tenacia, riuscirai a farti notare ovunque tu sia: in Italia, negli Stati Uniti, in Tunisia, a Cuba, in Finlandia…

Hai in mente qualche nuovo progetto, musicale e non?

Mi piacerebbe continuare a “prestare” voce, musiche e canzoni a film e cortometraggi… Recentemente, ho registrato la voce narrante di “Ombre Su Paesaggio”, un film-documentario che Cesare Camardo ha dedicato ad alcune band varesine. Poi una mia vecchia canzone, “Take Me With You”, è stata interpretata da Ruth Gerson ed è diventata la colonna sonora di “Feathers”, il nuovo cortometraggio di Silvia Gallini: girato a Los Angeles l’anno scorso, all’inizio di quest’anno ha partecipato al festival Cortisonici, ricevendo una menzione speciale. Ora sto scrivendo due canzoni per altrettanti progetti in fase di realizzazione…

Ti rivedremo alle prese con la macchina fotografica?

Sicuramente. E’ una passione che non mi abbandona mai. Non smetto mai di fotografare… Scatto in continuazione. A volte i miei amici non mi sopportano!

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Pubblicato il 14 Giugno 2007
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