“Togliete quelle pellicole: il viaggio in treno è anche il nostro bellissimo panorama”
Un pendolare della tratta Laveno Mombello Lago – Milano Cadorna solleva un tema che riguarda i viaggiatori quotidiani, ma forse ancora più chi attraversa un territorio affascinante e può (dovrebbe) stupirsi di fronte al paesaggio
Una volta il treno era anche sguardo: lago e montagne, la luce dell’alba. Oggi sui finestrini dei nuovi convogli c’è una pellicola “anti-writer” che ha creato un effetto nebbia permanente. Risultato: non si vede più nulla. La funzionalità ha coperto l’esperienza, e con l’esperienza si perde il senso stesso del viaggio.
Nell’inferno quotidiano dei trasporti lombardi, la Laveno Mombello Lago–Milano Cadorna resta, paradossalmente, una delle tratte più piacevoli ed “efficienti” — e ci vuole poco per dirlo. Sono dieci anni che faccio il pendolare. Ho scelto di restare a vivere a Gavirate per amore del mio paese: le montagne, il verde, il lago. Non ho mai ceduto alla tentazione della “bella Milano”: sono un ragazzo di provincia, e di questa provincia vado fiero.
A chi mi chiede perché spenda tre ore e mezza al giorno fra andata e ritorno, ho sempre risposto che nulla ripaga la vista del Lago di Varese dall’alto, quando il treno corre tra Gavirate e Comerio, o quel momento, all’altezza dell’Aermacchi, in cui il Monte Rosa appare imponente e ti ricorda quanto sei fortunato ogni mattina. Poi il paesaggio si addensa verso Saronno, dove le linee si intrecciano in una ragnatela di binari: un piccolo racconto in movimento che ti mette in ordine i pensieri.
Il treno, con il suo fascino e quel panorama di casa, era la mia pausa dalla pressione quotidiana — e dallo smartphone. Era: perché oggi non è più possibile. Con l’arrivo dei nuovi convogli sono comparse pellicole protettive sui finestrini. Forse servivano a scoraggiare i writer; in pratica, tra rami sfiorati, pioggia, sole e inquinamento, si sono opacizzate. Da sei mesi i vetri sono un latte grigiastro: fuori non si vede più niente.
Non è un capriccio estetico: per chi soffre di claustrofobia, poter agganciare lo sguardo al paesaggio è una valvola di sicurezza. Quando il convoglio è ricolmo di persone o resta fermo per l’ennesimo ritardo, quella finestra “aperta” verso l’esterno evita che il panico prenda il sopravvento. Se il viaggio si riduce a un tubo che ti sposta da A a B, la gente smette di prendere il treno o smette di restare. È così che una linea perde attrattività e, insieme, Varese e la provincia perdono pezzi: chi può si sposta a Milano o torna all’auto. E intanto, pure l’ultimo parcheggio gratuito in stazione a Gavirate sembra destinato a diventare a pagamento: un altro tassello che toglie motivi per restare.
Non chiedo miracoli: chiedo vetri trasparenti e cura. Restituire lo sguardo significa restituire valore al viaggio, invogliare a salire a bordo, scegliere la provincia senza sentirsi sciocchi. Perché il treno non è solo arrivare: è come si arriva.
E qui la dico tutta. Se togli anche il piacere del panorama, se rinunci all’ultima parte romantica del viaggio, allora siamo alla pari delle bestie: un carro di animali caricati in massa, schiacciati e pronti al macello quotidiano. Nessuno dice niente, nessuno protesta. Forse è questo che vogliamo: treni senza finestrini, occhi bassi sullo schermo e via, in nome di un’efficienza che ormai domina su tutto — perfino sul piacere di vivere e sulla nostra stessa libertà di scelta. Io no. Io chiedo solo di poter rivedere il mio lago mentre vado al lavoro. È poco, ma per me è molto.
Un pendolare della tratta Laveno mombello Lago – Milano Cadorna (Gavirate)
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Sottoscrivo in pieno quanto scritto dal collega pendolare e aggiungo di più. Poter vedere dal finestrino è prima di tutto una questione di sicurezza. Provate voi a viaggiare su un treno in cui non sapete a quale stazione è arrivato. L’informativa a bordo è inesistente. L’altoparlante è muto. I monitor sono solitamente spenti. I treni sono perennemente in ritardo quindi non si può nemmeno fare affidamento alla tabella oraria. Come fa un viaggiatore a sapere in quale stazione si trova? Pensate ora di viaggiare dopo le 19:00 di sera. Fuori è buio e il vetro è completamente opaco. Come dico sempre: solo chi non ha mai preso un treno può prendere decisioni di questo tipo.
Essendo un fruitore saltuario dei servizi di Trenord, apprendo da questa lettera l’ incresciosa e a mio modesto parere indegna situazione che il lettore ha riscontrato. Di fronte a cose del genere si può solo inorridire , non riuscirei mai e poi mai a viaggiare in tali condizioni che il bravo lettore ha giustamente paragonato ai carri bestiame !
Mio padre buon’ anima ha viaggiato per una vita sui treni delle “Ferrovie Nord Milano” ed io nel mio piccolo li ho frequentati per recarmi a scuola a Varese per diversi anni , lo sguardo era fisso sul panorama che ci resituiva la bellezza dei nostri luoghi al cambiar delle stagioni . Da bambino , viaggiando verso Milano per andare a trovare la Nonna paterna , ricordo che notavo ogni minima differenza nel panorama da un viaggio all’ altro : una nuova cuccia del cane in una casa di Malnate piuttosto che una moto ferma ad un passaggio a livello , una betoniera che scaricava cemento in un cantiere .. tuto materiale utile per i sogni di un “cucciolo di uomo” in fase di crescita .
Sottoscrivo quindi la lettera parola per parola ed esorto chi di dovere a porre rimedio nel più breve tempo possibile ed esprimo la mia solidarietà a quanti stanno soffrendo di questo assurdo disagio !
P.S.Sarebbe forse opportuno lanciare una petizione on-line per dare forza a questa richiesta !
Modo di viaggiare perfettamente compatibile con le teste chine sullo smartphone H24.