Violenza sulle donne, il nemico è in casa

Dati e testimonianze pesanti alla serata dei Molini Marzoli con esponenti politici, sanitari e della polizia: anche a Busto e dintorni sempre più casi di violenze domestiche

"Violenza alle donne, si comincia parlandone": e così si è fatto venerdì sera presso la Sala Tramogge dei Molini Marzoli, di fronte ad un pubblico con tanti giovanissimi, in gran parte studentesse liceali. Perchè proprio dai giovani, maschi e femmine, deve partire l’educazione al ripudio della violenza. Il convegno dei Molini Marzoli seguiva l’approvazione unanime della risoluzione bipartisan presentata dalle consigliere comunali, in cui si ribadisce la volontà dell’assemblea civica di sostenere progetti e azioni per contrastare la violenza sulle donne.

La voce più chiatra che si è udita è stata quella di una vittima della violenza che ha osato raccontare il suo dramma vissuto tempo fa, vincendo una dura battaglia interiore. Katia, questo il suo nome, il volto quello non di una sola, ma di tante, troppe donne che hanno subito uno o mille abusi. «Avevo quattordici anni, un pomeriggio un parente si approfittò di me con la forza» raccontava in tono asciutto e forte. «Da allora non ho più baciato nessuno, mi fa schifo. Neppure mio marito: sa che se ci prova, rischia un occhio nero… E anche i miei colleghi di lavoro sanno bene come mi irrigidisco se qualcuno mi si avvicina troppo». Un singolo episodio che segna una vita intera quello sofferto da Katia: dopo, fidarsi dei propri simili le risulterà sofferto. «Solo una nonna mi capì e mi aiutò: non i miei genitori, che pensavano solo fossi una "difficile", che non voleva farsi toccare, e non mi credettero mai. Così, con dolore reciproco, ho finito per togliere dal piedistallo mio papà e farne un estraneo». Parallela a quella di Katia è la storia di Mara, narrata dalla sua psicologa Patrizia Olivieri. Una donna sposata in preda a grave ansia e depressione, che man mano si scioglie trovando fiducia nella sua terapeuta, raccontandole le violenze fisiche, i tradimenti, la violenza anche economica del marito che tutto disponeva e decideva per la moglie, una donna che lavorava ma subiva impotente, fino alla separazione e ad una nuova vita ritrovata con un compagno più attento al suo benessere. Una storia che ne simboleggia mille altre, perchè, lo dicono i dati, il nemico è in casa, e la violenza domestica, per millenni considerata "normale", è il nemico da battere.

Spaventosi i numeri del fenomeno presentati dai relatori, ricavati da un campione di 25.000 italiane tra 16 e 70 anni: il 96% delle violenze e costrizioni di ogni tipo (fisiche, psicologiche, economiche, sessuali) non viene denunciato, un omicidio su quattro avviene entro le mura domestiche, quasi sette milioni di donne sono oggetto di violenze annualmente in Italia, una donna su due è vittima di una qualche forma di violenza nella sua vita, in Italia come nei più civili paesi d’Europa e del mondo. Vittime che negano disperatamente, inventano incidenti mai avuti, si autocolpevolizzano, soffrono indicibilmente. Una violenza che non conosce barriere etniche, di classe, d’età, di livello d’istruzione, e che solo negli ultimi anni viene finalmente riconosciuta anche dalla legge per quello che è. Una violenza che produce danni devastanti soprattutto a livello psicologico: storture che si trasmetteranno di madre in figlia perpetuando la catena della sofferenza e della sottomissione. Una violenza che "è il risultato delle relazioni di potere storicamente ineguali tra uomini e donne", parola del’Europarlamento.

Un fenomeno in espansione, riconoscono tutti i relatori: anche il vicequestore di Busto Arsizio Francesco Scalise, pronto a sottolineare il valore del lavoro di prevenzione nelle scuole e di quel sangue freddo professionale di fronte a «storie agghiaccianti» che solo dà la lucidità per portare il violento di fronte alla legge. Lo ribadirà l’assistente di polizia Silvia Nanni dell’ufficio minori, ricordando il cambiamento epocale in atto nell’atteggiamento delle forze dell’ordine, non più inerti di fronte al problema, ma sempre più pronte ad accogliere, ascoltare, proteggere. Lo confermerà il dottor Emilio Lualdi, responsabile dell’unità operativa di pronto soccorso dell’ospedale di Busto Arsizio: nel 2006 58 casi accertati di violenze domestiche, nel 2007 fino ad oggi 91, un aumento del 58% in un anno. «Nè alcolisti, nè drogati, nè malati di mente sono più violenti di altri verso le donne» dirà Lualdi, contro il pubblico sentire, sfoderando poi le cifre di un ricerca americana da cui risulta che le donne, almeno là, "si difendono" fin troppo bene provocando danni ancora più gravi (e con tutte le armi che circolano laggiù, non c’è da stupirsi).

Con i relatori citati hanno partecipato alla serata anche il preside Andrea Monteduro e Annitta Di Mineo del liceo Artistico “Candiani”, Gabriella Sberviglieri, consigliere provinciale di Parità, e Rossana Caggiano, presidente della commissione Pari Opportunità della Regione Lombardia, autrice di un intervento di stampo femminista che ha preso di mira il ruolo dei media nel diffondere un atteggiamento gretto e indifferente alla sensibilità altrui, un’immagine della donna come mero oggetto del desiderio: disvalori «terreno di cultura della violenza sessuale».

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Pubblicato il 01 Dicembre 2007
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