Dal manicomio al supermercato, in viaggio con Ascanio Celestini
Moltissimi giovani al Condominio per Ascanio Celestini. Uno spettacolo di una comicità travolgente, ma commovente, tragico e amaro
«Io sono nato negli anni sessanta, i favolosi anni sessanta». E’ la litania ripetuta da Nicola, chiuso in un manicomio dagli anni settanta. Nicola figlio di una madre impazzita dopo la sua nascita, giudicato «la mela marcia da buttare nella monnezza» fin da piccolo, sacrificato infine dalla famiglia per scagionare i fratelli dall’accusa di omicidio e rinchiuso in manicomio. Pericoloso per sé e per gli altri. In una parola: matto.
A dare la voce a lui e agli altri matti è Ascanio Celestini, con lo spettacolo “
Uno spettacolo che fa memoria dei luoghi disumani che erano i manicomi prima della legge Basaglia, costruito a partire dal lavoro di raccolta delle voci e delle esperienze di chi l’ha vissuto. Commovente e rabbioso nel descrivere gli internati come «santi» martirizzati nelle mura grigie degli istituti isolati in ogni modo dal mondo dei sani. Ma oltre a cantare l’elogio funebre del manicomio elettrico – quello dell’elettroshock, delle lobotomie, dei ricoveri coatti – lo spettacolo parla anche della pazzia moderna, quella della società dei consumi come strumento di controllo sociale, come nuova schiavitù. Il supermercato come il manicomio. E nell’atto conclusivo Nicola incontra dopo trentacinque anni Marinella, la bambina che gli piaceva da piccolo. Lei non è diventata come Nicola, ma lavora al supermercato, ci vive anche, perchè «l’azienda è contenta se ci restiamo anche dopo l’orario di lavoro». E ci si accorge che Marinella – quella normale, che al manicomio non c’è mai stata – è sempre stata lì accanto, per tutto lo spettacolo. Un manichino di plastica muto, accanto ad Ascanio-Nicola, il matto che parla e racconta.
Questa sera, venerdì 7 marzo, Celestini sarà al Teatro Fratello Sole di Busto Arsizio con "Scemo di guerra"
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