Il lago è in cattive acque, si cerca una strategia

Le recenti analisi bocciano il bacino, mentre c'è attesa per la convocazione dell'osservatorio voluto dalla Provincia. Dito puntato contro gli scarichi dei principali centri rivieraschi

Bocce ferme, non c’è ancora una nuova strategia per risanare il Lago di Varese e solo a settembre sapremo che strada intende intraprendere la Provincia di Varese. L’assessore all’ambiente Luca Marsico ha annunciato il mese scorso la convocazione dell’osservatorio sul lago di Varese con i comuni rivieraschi, e a Villa Recalcati stanno preparando una nuova serie di studi, e un’analisi costi benefici, che dovranno stabilire come fare a salvare il lago. Tutto quello che c’è da sapere, sull’inquinamento delle acque varesine, si sa. Questo è un dato di fatto. Ora tocca alla politica, la volontà di risanarlo, i soldi necessari, il costo sociale che va affrontato. Legambiente, una settimana fa, ha rilevato coliformi fecali molto superiori alla norma e bocciato le acque.
Gli scarichi fognari dei comuni rivieraschi sono il vero problema, industriali, ma soprattutto civili. Ma una vera mappa degli inquinatori non c’è. Piccoli comuni come Bodio, ad esempio, sostengono che le case sono attaccate al collettore fognario per il 99% e suggeriscono di andare a indagare sui grandi comuni. I più grandi sono Varese e Gavirate. A Varese è in atto un braccio di ferro. Parte della giunta sostiene che le cose non stanno poi così male, mentre il presidente della commissione ambiente Clerici (An) dice che le cose, non solo vanno male, ma che negli anni scorsi sono stati gonfiati i dati positivi a scopo politico, per coprire la realtà. Due anni fa, infatti, giornali diffusero la notizia che nell’estate 2007 il lago sarebbe potuto tornare balnaeabile. Nel 2005, la Provincia riferì di dati Asl molto ottimistici.
Il lago è inquinato dagli anni cinquanta, quando il boom edilizio e lo sviluppo industriale crearono un accumulo di scarichi nelle sue acque. Per anni, il problema fu sottovalutato, la cultura della depurazione delle acque era di là da venire, e il conquistato benessere economico era la priorità. Gli anni Ottanta segnarono la nascita di iniziative per la depurazione. Furono creati due collettori fognari, sulla dorsale nord e sud del lago. Nacque il depuratore di Gavirate, gestito da Sogeiva, che ogni giorno raccoglie le acque fognarie, le ripulisce e le riversa nel Bardello, e di lì fino al Lago Maggiore. Un’opera importante, ma che non è bastata.  Dopo Tangentopoli, la Lega si presentò ai cittadini con la bandiera della difesa del territorio. Fu il presidente Massimo Ferrario a dare impulso a un nuovo piano. Il Ccr di Ispra fece gli studi, la campagna di depurazione prevedeva due grandi manovre.
I più visibili, erano degli ossigenatori, per ridare aria al lago e contrastare, tra gli altri, l’ipernutrimento determinato dagli scarichi fognari, che creava il fenomeno della pesca miracolosa, e la successiva morìa di pesce assassinato dalla mancanza d’aria a fronte di una popolazione ittica abnorme. E poi, il prelievo ipolimnico, una sorta di scavo dei fondali sporchi, per rimuovere le acque più inquinate del golfo di Gavirate. Operazioni, entrambe, costose. Ma che avevano una strategia di fondo.

Questa campagna terminò di fatto intorno al 2006, e di recente la Provincia ha deciso di dismettere gli ossigenatori. Qualcosa è stato fatto ma il risultato finale della balneabilità non è stato raggiunto lasciando l’impressione di un risanamento a metà.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 09 Agosto 2008
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