“Gli italiani? Un popolo di litigiosi”
Antonino Mazzeo, Presidente del Tribunale di Busto, ha tenuto una lezione in Liuc dove ha presentato luci e ombre della giustizia civile italiana
Gli italiani un popolo di litigiosi? Sì, secondo il Presidente del Tribunale di Busto Arsizio Antonino Mazzeo che oggi – mercoledì 29 ottobre – ha incontrato gli studenti della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Carlo Cattaneo. Da qualche anno infatti il 24 ottobre si celebra la Giornata Europea della Giustizia Civile. «Negli anni scorsi – spiega Mazzeo a una classe composta da studenti provenienti da tutti e cinque gli anni scolastici – abbiamo organizzato cerimonie più ufficiali, per addetti ai lavori. Ma ci siamo resi conto che è una formula sbagliata perché lo scopo deve essere quello di avvicinare i cittadini alla giustizia». Cittadini che per il Tribunale di Busto non sono certo pochi. Il suo bacino di utenza comprende infatti anche Gallarate e Saronno per un totale di 430mila persone, oltre a 100mila non “residenti”, ovvero coloro che transitano a Malpensa.
In poco più di un’ora Mazzeo ha presentato ai futuri “principi del foro” i problemi, tanti, che affliggono la giustizia civile, ma ha anche fornito quelle che secondo la sua esperienza potrebbero essere delle ricette vincenti. «Noi ci occupiamo delle controversie fra privati, ma il sistema italiano non riesce sempre a farlo in modo soddisfacente ». Secondo Mazzeo all’origine di questa scarsa efficienza c’è prima di tutto un popolo di litigiosi. «In Italia abbiamo tre milioni di cause civili pendenti. Questo eccesso di ricorso alla giustizia, anche per le multe, porta a un rallentamento dei processi civili. Inoltre il tipo di procedura è assolutamente inadeguato ai tempi moderni e non permette di giungere in tempi rapidi alla risoluzione dei problemi». Un sistema farraginoso quindi che comporta in media quattro o cinque udienze per un processo e così si arriva ad avere procedimenti che durano due anni. «In alcuni tribunali ci sono rinvii fino al 2015 – continua Mazzeo -. Questo non è chiaramente un sistema efficiente. Le parti così sono scoraggiate e non ricorrono al giudice. Ma attenzione, in questo modo si possono creare anche danni economici notevoli perché nessuno ha interesse ad investire in un paese in cui in caso di inadempienza non otterrà il suo credito, se non con tempi molto dilatati».
Ma quali sono secondo lui le cause di tutto questo? «Prima di tutto il nostro procedimento civile non è adatto a definire in tempi brevi una causa. C’è un progetto di legge che spero possa finalmente modificare alcuni aspetti e far uscire il sistema da una mentalità bizantina. Bisogna dare maggior concretezza all’azione dei giudici e imporre loro di scrivere sentenze brevi, non plichi di trenta pagine: al cittadino importa il risultato, non avere un capolavoro del diritto che serve per fare carriera. Anzi, i magistrati non dovrebbero fare carriera, è un evidente contrasto». Secondo problema, molto più spesso citato anche dalla stampa, la mancanza di risorse. «La parte civile, a differenza della penale, non ha a disposizione mezzi di registrazione. Ogni testimonianza va riscritta a mano. Così non può andare. Il potere politico deve darci la possibilità di lavorare in modo ottimale. Oggi in Italia il numero di giudici è sufficiente, ma manca il personale amministrativo: a volte abbiamo la sensazione di lavorare per niente».
Comunque non è tutto nero per Mazzeo e, anzi, proprio Busto sembra essere un buon esempio. «Ci sono tribunali virtuosi, dove con impegno, fantasia e il supporto dell’informatica si ottengono buoni risultati. Possiamo dire che Busto rientra negli standard europei: in media chiudiamo i processi civili in un anno. Si può fare meglio, ma ognuno deve fare la sua parte».
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