Il contributo dei cittadini
Il futuro del giornalismo non può più prescindere da Internet. Possiamo capire che molti addetti ai lavori inorridiscano. Possiamo capire che parlino della rete con sospetto, quando non con disprezzo. Lo possiamo capire perché è un fenomeno nuovo in cui un ragazzino delle scuole medie ha più anzianità di un caporedattore e a volte di un direttore in materia di navigazione. Ma mettere la testa sotto la sabbia non serve a niente.
L’ordine dei giornalisti della Lombardia con grande determinazione ha scelto di aprire una riflessione sul ruolo del giornalismo nella società oggi. Manca però ancora il coraggio di interrogarsi e ascoltare. C’è chi sta già facendo un buon lavoro su questi temi. Si legga VIttorio Sabadin e il suo ottimo libro “L’ultima copia del New York Times”. L’autore a metà lavoro afferma che “la libertà di stampa è ora concessa a centinaia di milioni di persone che ne approfitteranno e la useranno senza più accettare passivamente descrizioni di realtà selezionate per loro da pochi giornalisti.” e prosegue, “il contributo dei cittadini può aiutare in modo determinante i giornali a svolgere la loro missione: raccontare i fatti e cercare la verità. Se i giornalisti non accetteranno questa idea, il contributo della gente comune troverà altri spazi multimediali nei quali esprimersi, come sta già avvenendo. E con grande successo.”
Questo scenario non è l’Apocalisse del giornalismo. È una fotografia che può non piacere, ma discutere di media senza entrare con attenzione in questo oggi non è più possibile. Non è solo una questione di sopravvivenza della carta stampata. Investe tutto il modo di fare informazione. Internet ha ribaltato alcuni concetti cardine del vecchio modo di fare giornalismo. Basti pensare solo ai concetti di spazio tempo, ma anche a quelli di accesso alle fonti. Un singolo blog ha poca forza, ma tutta la blogosfera fa più numeri e produce più notizie di tutto il resto dell’informazione messa insieme. Certamente c’è il problema di verificare, approfondire, orientare a capire, ma intanto esiste questo mondo e sta crescendo.
E poi c’è di più. C’è un modo di vedere il senso del nostro lavoro. E sempre Sabadin rispetto ai media spiega che “la chiave del successo è quella di non considerarsi uno specchio che riflette o critica la propria comunità, ma di diventare parte della comunità stessa, interagendo con essa. Poichè la tecnologia ha fornito ai cittadini (una volta noti come lettori) la possibilità di pubblicare, essi parlano tra loro, consultano altre fonti di informazioni, discutono insieme. Per partecipare alla costruzione e allo sviluppo della comunità, i quotidiani dovrebbero fare tabula rasa delle vecchie gerarchie e del macchinoso ed elitario processo di formazione delle decisioni liberando la creatività delle singole persone”.
Ne saranno capaci? Dal convegno milanese dell’ordine dei giornalisti saltan fuori più dubbi che speranze, ma intanto qualcosa si muove.
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