Droga filippina nelle play station, nove arresti

E' il pericoloso "shaboo", che arriva dall'estremo oriente. Un'organizzazione di narcotrafficanti ne commerciava a chili. Migliaia le dosi sequestrate. Essenziale nelle indagini l'uso delle intercettazioni telefoniche

Si chiama “operazione Sabong” ed è stata condotta dai finanzieri varesini coordinati dalla Procura di Busto Arsizio l’indagine che ha portato all’arresto di 9 narcotrafficanti filippini e al sequestro di 3 chili di droga. L’organizzazione era dedita allo spaccio di una sostanza proveniente dalle Filippine chiamata “Shaboo” o “Ice”, una droga estremamente pericolosa, dicono gli inquirenti, storicamente conosciuta perchè diffusa fra i soldati che hanno combattuto in Vietnam: è in grado di mantenere sveglia una persona per un tempo continuato anche di 3 o 4 giorni. Veniva venduta all’"ingrosso" ad un prezzo tra i 280 e 300 euro al grammo, fino ad arrivare a 500 euro al "dettaglio". Tagliata in dosi molto piccole – di 0,10 grammi – con lo scopo di mantenere un prezzo più basso, presumibilmente attorno ai 40 euro. «L’uso continuato di questa droga per un anno – ha raccontato uno dei finanzieri dell’operazione – porterebbe a conseguenze fisiche devastanti, quando non la morte».

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L’attività investigativa è cominciata il 25 ottobre del 2008 quando durante un regolare controllo è stato arrestato, all’interno dell’aeroporto di Malpensa, un corriere filippino in possesso di 1 chilo e 8 etti di “Shaboo” abilmente nascosti nel doppiofondo della propria valigia. Gli elementi raccolti da quel primo fermo hanno fornito alle forze dell’ordine sufficienti indizi per aprire un’indagine che ha portato, nell’immediato, all’arresto di un connazionale che lo attendeva all’esterno dell’aeroporto, e successivamente, grazie alle intercettazioni telefoniche, alla ricostruzione dell’intera organizzazione criminale.
Da quel primo arresto gli investigatori non hanno dovuto attendere al lungo perché il gruppo organizzasse la consegna di un’altra partita di droga. I successivi due tentativi sono caduti nel vuoto, una volta per il rifiuto all’ultimo momento di uno dei corrieri selezionati e l’altra per scontri avvenuti nelle Filippine con un’altra organizzazione malavitosa.
Lo scorso gennaio l’organizzazione era finalmente riuscita ad organizzare la partenza di un altro emissario. Agli investigatori però è bastato ascoltare le conversazioni dei trafficanti per conoscere con esattezza il luogo e le modalità del trasporto. Il corriere indicato è stato così immediatamente fermato, sempre all’interno di Malpensa, in possesso di un chilo di “Shaboo” ben nascosto all’interno di alcune “Play Station” alle quali erano stati rimossi i circuiti.
Quest’ultimo arresto ha messo in particolare agitazione il capo dell’organizzazione che ha deciso di dirottare su Fiumicino la successiva consegna di droga, che nei suoi piani sarebbe dovuta essere l’ultima prima della fuga. Inutile anche questo tentativo perché il giorno prefissato anche quest’ultimo corriere viene arrestato in flagranza di reato, contestualmente all’arresto di tutto il resto della banda.
Fondamentali per l’ottima riuscita dell’operazione, che si è conclusa mercoledì 11 marzo, sono state le intercettazioni telefoniche. «L’uso delle intercettazioni – ha dichiarato il Procuratore di Busto Francesco Dettori – è stato fondamentale per condurre a termine un’operazione che non era possibile eseguire con nessun altro strumento trattandosi di consegne contrattate tra Filippine e Italia». «Se fossero già vigenti le nuove norme in materia di intercettazioni in discussione in parlamento in questo momento – afferma il sostituto procuratore Giovanni Polizzi che ha guidato le indagini – con tutta probabilità non saremmo riusciti a sgominare l’intera organizzazione ma solo i primi due arrestati, poiché abbiamo disposto le intercettazioni per tutti i 5 mesi che è durata l’indagine e le norme in discussione ce lo avrebbero permesso solo per un mese e mezzo.

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Pubblicato il 17 Marzo 2009
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