Varese-Camerun, la partita dà inizio alla festa
La prima festa dello studente camerunese fa scoprire una piccola ma attiva comunità. Dopo l'incontro al De Filippi il torneo di calcio con squadre provenienti da altre città italiane
«Una festa camerunese senza il calcio non è una vera festa» sentenzia Andy, studente di medicina al secondo anno all’Università dell’Insubria. Peccato per la pioggia, che metterà a dura prova l’organizzazione impegnata questo pomeriggio nel torneo tra squadre di studenti del Camerun (da Varese, Pavia, Milano, Brescia, più una selezione italiana e una della Costa d’Avorio). Per fortuna, il torneo messo in campo in collaborazione con la Uisp non è che uno degli appuntamenti della prima festa dello studente camerunese promossa dall’Ascav, l’associazione che riunisce gli universitari provenienti dal Paese africano e stabilitisi a Varese.
Il primo incontro si è svolto ieri sera al Collegio De Filippi, dove alloggiano molti camerunesi, pressoché tutti studenti-lavoratori che faticano per pagarsi gli studi lontano da casa. Una comunità composta da ragazzi e ragazze molto giovani: i completi in giacca e cravatta si alternano ai vestiti tradizionali, l’allegria di un giorno di festa fa capolino dietro gli occhiali da intellettuali consapevoli della ricchezza che rappresentano per il proprio Paese. Insieme a loro, ci sono le famiglie di chi, dopo lo studio, ha scelto di vivere la propria vita in Italia e anche qualche compagno di università italiano, invitato a partecipare alla festa. Una occasione resa possibile anche dall’impegno del Comune, dell’Università e del variegato mondo dell’associazionismo, da Arci ad Acli, da Ubuntu a Uisp e Anolf Cisl, cui è andato il ringraziamento del presidente di Ascav Stefan Toko (nella foto a sinistra).
Rosine Ngande, studentessa di economia, è una delle organizzatrici della manifestazione. Un po’ emozionata mentre parla in pubblico, ci racconta poi con grande entusiasmo quale sia la realtà degli universitari a Varese: «lo scopo della festa è, prima ancora che fare integrazione, far conoscere a tutti la nostra cultura e la nostra realtà: il problema infatti nasce anche dal fatto che non ci si conosce e questo fa paura. L’80% dei camerunesi in Italia sono studenti: l’ingresso con visto di studio non è una scappatoia per entrare in Italia, ma lo specchio della realtà. E’dimostrato anche dai risultati ottenuti: la maggior parte di noi riesce a laurearsi».
Quali sono le difficoltà che incontrate e che cercate di risolvere anche attraverso l’associazione?
«Il problema-chiave è il permesso di soggiorno, che ha tempi lunghissimi, a volte arriva quando è già scaduto. Poi ci sono le questioni della casa e del lavoro. Ma per noi l’associazione è anche uno spazio di incontro, con momenti ricreativi, balli e musica».
Ma in voi c’è più la speranza di rimanere in Italia o più quella di ritornare a casa?
«In generale prima di ritornare in Camerun vogliamo avere uno spazio, una possibilità di emergere nel nostro Paese: i camerunesi hanno una forte spinta intellettuale, leggono e studiano molto. Per questo per tornare non ci può bastare solo la laurea triennale, ma abbiamo bisogno di una laurea specialistica, di una esperienza di lavoro. Comunque, io personalmente vorrei tornare nel mio Paese, che ha bisogno di me per crescere».
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