“Chiama il 112, hanno sparato”
Un fulmine a ciel sereno il delitto che ha squarciato la calma di un quartiere del grosso centro dell'hinterland. Parla uno dei primi ad accorrere sul luogo del fatto
Un quartiere residenziale fitto di condomini, da sei e più piani, case popolari e non. Auto che passano, l’asilo vicinissimo che risuona dei richiami dei bambini. Edifici con mattoni a vista, qualche balcone rovinato, tanto verde, uccelli che cantano. Sirene che passano ogni tanto – il pronto soccorso e le sedi di carabinieri e vigili del fuoco non sono lontane. Un tranquillo lunedì mattina in questo quartiere della zona nord di Rho, stretto fra il Sempione e Corso Europa. Poco dopo le 9 una raffica rompe quella pace. In un parcheggio ai piedi di due palazzi gemelli restano due feriti gravissimi, una macchia di sangue sull’asfalto, una Mercedes grigio metallizzato dai vetri frantumati o sforacchiati. Padre e figlio, 71 e 37 anni, agonizzano. Moriranno mentre i sanitari si prodigano invano per rianimarli, per fermare le emorragie.
È Diego, un giovane studente universitario che passava in bicicletta pochi istanti dopo il dramma, uno dei primi ad accorgersi di qualcosa. «Mi è venuta incontro correndo una persona molto alterata» racconta ai giornalisti prima che i carabinieri lo agguantino per catechizzarlo a dovere sui rapporti con la stampa; «mi ha gridato di chiamare il 112 che avevano sparato a una persona. Non ho fatto comunque in pratica a tempo a vedere i feriti, ricordo solo che uno aveva sui 40 anni, rasato (il figlio, ndr). Quando mi sono allontanato c’erano già carabinieri, 118, tutti».
Intorno è la ressa di stampa e fotografi: carabinieri e Polizia Locale hanno già "fettucciato" la zona e i residenti si lamentano ad alta voce ottenendo di poter rincasare. I militari sono piuttosto nervosi: non solo il fatto è grosso, ma non si trovano ancora i familiari degli uccisi. Per questo i nomi non vengono diffusi, e anche la macchina teatro del duplice delitto viene tenuta a distanza di sicurezza. Quando viene concesso di scattare foto ed effettuare riprese più da vicino, vengono coperte le targhe. All’arrivo del carro attrezzi, le smonteranno.
I residenti della zona non sono particolarmente loquaci. Si limitano a fissare stupiti la scena del crimine, ciondolando intorno alle fettucce. «Non è il primo delitto che ricordo» ci dice un pensionato, a spasso con la cagnetta. «Circa vent’anni fa un fatto simile era accaduto a Biringhello, qui vicino: solo lì era successo all’uscita di un bar. Non ho sentito i colpi stamattina, ero ancora in casa quando hanno sparato, abito qua dietro. Abbiamo sentito però le sirene. Non è un quartiere malfamato, non abbiamo problemi particolari di criminalità, ma certo un po’ come ovunque, c’è di tutto e di più». I cronisti locali, con l’esperienza quotidiana, sostengono che la città non sia troppo tranquilla di questi tempi. E con l’asilo a quattro passi dal luogo del delitto, poteva finirci di mezzo anche chi non c’entrava affatto. Sembra che almeno un proiettile disperso possa essere finito contro uno degli edifici circostanti.
Ad appena cento metri di distanza – siamo sempre in via Aldo Moro – cinguettano i passeri e la tranquillità è assoluta. E c’è chi cade dalle nuvole: «Come? Hanno sparato? Ma davvero?»
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