Il parlamento tappa la bocca ai giornalisti

Il governo ha chiesto la fiducia sul ddl Alfano. intercettazioni più difficili per i magistrati e divieto per la gente di sapere chi è indagato

Inizia oggi alla camera l’analisi del disegno di legge Alfano sulle intercettazioni ma non ci sarà alcuna discussione. Il governo ha chiesto il voto di fiducia, una procedura che la costituzione permette in casi speciali e urgenti, ma che viene utilizzata spesso utilizzata per evitare che le maggioranze possano sfaldarsi al momento del voto. Il ddl è stata oggetto di un anno di discussioni in commissione giustizia, sotto la presidenza di Giulia Bongiorno, l’onorevole avvocato eletta da An.

La legge insiste su due versanti, da un alto rende più difficile ai pm chiedere le intercettazioni durante le indagini. Dall’altro è fortemente punitivo verso i giornalisti e gli editori (multe pesanti) che pubblicano intercettazioni telefoniche dei procedimenti in corso. La Fnsi, federazione nazionale stampa italiana, protesta. La sostanza, è che nella fase delle indagini preliminari, sarà fortemente limitata l’informazione e sul pm cala anche la spada di Damocle della revoca del fascicolo se sarà iscritto nel registro degli indagati per rivelazione del segreto d’ufficio. Addirittura, ai giornali, si vuole vietare di citare il nome del sostituto procuratore. Le  intercettazioni non potranno essere pubblicate, ma nel disegno di legge la parte più grave per la stampa è il divieto di riferire sugli atti di indagine contenuta nel testo originario presentato il 30 giugno 2008: non si potrà nemmeno sapere chi è indagato e perché. ”Vogliamo far sapere ai cittadini – ha detto il segretario della Fnsi, Franco Siddi – che questo ddl non e’ a tutela della loro privacy ma impedisce loro la conoscenza e la liberta’ di giudizio essenziali per la democrazia e la legalita”’. In alcune testate, in questi giorni, è comparsa una frase di protesta sollecitata dall’Unione cronisti: “Se il ddl Alfano divenisse legge, questa notizia non sarebbe possibile scriverla”.  

L’onorevole Giulia Bongiorno smorza i toni. “Il testo finale – ha dichiarato al Corriere – è molto differente dalla versione iniziale in cui c’era effettivamente una forte limitazione del diritto di cronaca. E io stessa all’interno della maggioranza mi sono battuta recependo le istanze di editori e giornalisti….Ora è prevista la possibilità nella fase delle indagini preliminari di pubblicare gli atti sebbene per riassunto. La notizia è pubblicabile, dunque”.
 

Gli emendamenti presentati in commissione dalla relatrice Giulia Bongiorno e ai quali il Governo ha dato il suo assenso hanno eliminato alcuni divieti ma limitano comunque l’informazione: gli atti di indagine preliminare e quelli contenuti nel fascicolo del pm e del difensore tornano a essere pubblicabili ma solo per riassunto o con riferimento al loro contenuto. Il divieto totale di pubblicazione resta solo per documenti, atti relativi a intercettazioni e ordinanze di custodia cautelare. Inoltre, si abbassa il minimo della reclusione prevista per chi viola il divieto di pubblicazione: da un anno passa a sei mesi (il massimo resta a tre anni), e questo consente che la pena possa essere tramutata in una sanzione alternativa al carcere.

Modifiche che non sono bastate a placare la protesta dei giornalisti: la Fnsi continua ritenere il ddl "incompatibile con il corretto esercizio del diritto di cronaca", mentre Unci e Associazione stampa romana hanno organizzato ieri un corteo in bicicletta e un sit-in a Montecitorio.

il testo originario del ddl

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Pubblicato il 10 Giugno 2009
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