Soffrire non è obbligatorio
Venerdì 30 ottobre, nella sala consiliare del Comune, si svolgerà un incontro per promuovere la terapia del dolore, verso cui c'è ancora qualche resistenza culturale
Può sembrare incredibile, ma l’idea di poter alleviare le sofferenze è una conquista culturale ottenuta ultimamente con difficoltà.
Ne è convinto il dottor Giorgio Prandini, primario di anestesia e rianimazione dei presidi del Verbano che il prossimo 30 ottobre sarà tra i relatori dell’incontro pubblico: "Terapia del dolore: cos’è, come si fa e a chi si rivolge".
«C’è una certa resistenza anche da parte dei medici – commenta il dottor Prandini – perchè il dolore è sempre stato considerato un aspetto secondario della malattia. Il "pianeta dolore" , come lo chiamo io, è invece molto complesso, dagli aspetti fisici, psicologici e personali diversissimi e altrettanto importanti. Negli ultimi anni, fortunatamente, i pazienti hanno maturato una consapevolezza maggiore sugli aspetti del dolore e sulle possibilità di superarlo».
Nei giorni scorsi, anche il presidente americano Barak Obama è sceso in campo in favore dell’uso di marijuana per alleviare il dolore: « Anche la Chiesa sollecita la medicina a interessarsi e approfondire la terapia del dolore. Ogni persona ha diritto a vivere una vita dignitosa, anche nella malattia. Quindi, se per aiutare il malato a sopportare il dolore devo ricorrere alla morfina o altri oppiacei, non mi pongo problemi. Questi sono farmaci e l’uso che se ne fa è solo terapeutica. Ci sono rimostranze da parte degli utenti che temono la dipendenza: quando si usa il farmaco, però, si può smettere quando si vuole perchè non viene coinvolto il fattore mentale di chi cerca l’evasione».
Il convegno, che si svolgerà venerdì 30 ottobre con inizio alle ore 20.45 nella sala consiliare di via Provinciale, ha quindi lo scopo di fare chiarezza e di sgombrare il campo da tanti preconcetti: « È chiaro che, come in tutti i campi medici, si deve cercare chi ha maggior esperienza. A Cittiglio, la nostra equipe è preparata e motivata, in altri ospedali c’è meno attenzione. Io ho avuto la fortuna di aver incontrato uno dei maestri della terapia del dolore in Italia, il professor Vittorio Ventafridda, che applicava questa terapia soprattutto con i pazienti neoplastici, quelli, cioè, che avvertono il dolore definito "maligno" perchè legato a prospettive di vita limitate. La terapia del dolore, però, comincia a diffondersi anche per il "dolore benigno" dove è meno pressante il problema della dignità degli ultimi giorni, ma dove la sofferenza può infliggere patimenti che deteriorano la qualità della vita».
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