Il consiglio comunale si erge a difesa del crocifisso

Approvate le mozioni presentate dalla Lega Nord e da Farhanghi per il PdL dopo un dibattito a tratti paradossale

E venne finalmente il giorno, anzi la notte del crocifisso. Dopo qualche rinvio per l’incombere di varie delibere e mozioni, dopo l’una di notte di venerdì il consiglio comunale di Busto Arsizio ha approvato le mozioni (i testi sono rintracciabili in fondo a questo documento in .Pdf) presentate dalla Lega Nord e per il PdL da Farhanghi in sostegno al ricorso del governo Berlusconi contro la discussa sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Mozioni politicizzate secondo il PD, e segnate da «falsa ipocrisia bigotta e assolutamente insopportabile» (così D’Adda in uno sfogo). La discussione si svolgeva largamente tra cristiani, spesso praticanti: ma l’accordo proprio non c’era. Qualcuno, come Corrado, aveva già lasciato l’aula dicendosi nauseato alla sola idea di dover discutere dell’argomento.
Nicola Farhanghi, presentando la sua mozione, ricordava il crocifisso come presenza, non come semplice simbolo; come riferimento all’uomo e al suo stato di bisogno, incluso chi è profugo: «non accettiamo la posizione di chi fa distinguo fra "noi" e "gli altri"». Parole che entravano in un orecchio e uscivano dall’altro alla Lega che, con Luciana Ruffinelli, oltre a sostenere il ricorso del governo chiedeva nuove iniziative a sostegno delle «nostre radici cristiane» («più di quello che già facciamo non si può, già ce lo contestano…» ammetteva l’assessore Fantinati). Ma soprattutto, chiedeva all’amministrazione di dare indirizzi alle scuole dell’infanzia pubbliche perchè il Natale cristiano non venga stravolto come «una festa con motivazioni diverse» da quelle religiose tradizionale. «Non vorremmo che si imbroglino i bambini, che si camuffino i simboli religiosi. Vorremmo invece che si dicesse chiaramente che ci sono famiglie che hanno come punto di riferimento l’Islam, altre il cristianesimo, e che queste ultime a Natale si festeggia la venuta di Gesù come Salvatore».

Il PD rispondeva con un proprio contro-emendamento che invitava giunta e sindaco a non lasciarsi coinvolgere in polemiche in materia di religione. «Qui si dice che non si vuole lo scontro, poi non sento che fissare paletti» replicava Valerio Mariani (cattolico), «servono serenità e fratellanza. Invece qualcuno agita il crocifisso come una clava. Nelle scuole il clima non è questo, c’è già la multiculturalità, e spero che lo spirito di convivenza passi da questi ragazzi a noi e aiuti a creare la società del futuro». «Relativista e pilatesco» per Salomi (PdL) «rispondere così invece che con la nostra storia e identità», «esterrefatto» il collega Angelucci, che rispondeva tirando fuori anche la sua ostilità per certi Paesi europei che ci guarderebbero dall’alto in basso. «Chi viene qua deve adeguarsi alle regole della casa, di tolleranza ne abbiamo già avuta fin troppa. Il crocifisso sta bene dov’è: è incredibile che siano ingerenze al riguardo. Chiediamo reciprocità con il mondo musulmano, e non accettiamo lezioni di tolleranza dall’Europa».
«La sentenza è carente di motivazione dal punto di vista giuridico» sosteneva Speroni, dall’alto della sua ventennale esperienza di europarlamentare, pur ricordando che la Corte dei Diritti dell’uomo non ha niente e a che fare con l’Unione Europea – e qualcuno avrebbe dovuto spiegarlo al sindaco prima che ne facesse ammainare a mezz’asta la bandiera su Palazzo Gilardoni. Il presidente del consiglio comunale non ha esistato a paragonare l’attacco ai crocifissi venuto dalla corte alla distruzione dei Buddha di Bamyan da parte dei Talebani, attaccando il passaggio al punto 55 della sentenza in cui si definisce "sconvolgente emotivamente" il crocifisso per alcuni allievi di altre religioni o non religiosi. «La sentenza prevarica la maggioranza».

Per Marta Tosi (gruppo misto) «non è una gara a chi è più cattolico o a chi è più fedele all’istituzione Chiesa, parlare del crocifisso come simbolo è già farne qualcosa che divide». Ma Fontana, per Busto dei Quartieri, ribadirà, pur dai banchi dell’opposizione, che Cristo divide eccome, da duemila anni. Sfumata la presa di posizione di D’Adda, ancora per il PD: «Non sono a favore di questa sentenza, a mio avviso pone una forzatura e rischia di essere strumentale, del resto non si può imporre per forza ciò che una società non recepisce». Si veda, verrebbe da dire cinicamente, il pagamento delle tasse. «Quella che chiamate la vostra fede deve avere dietro dei valori praticati, altrimenti diventa ipocrisia bigotta». Nel PdL, discorde la voce di Cornacchia, infine, che «da cattolico fervente e praticante» invitava «a contemperare nel segno della multiculturalità le esigenze di chi cristiano non è».

Bocciato il controemendamento del PD, l’aula procedeva ad approvare le mozioni. A Strasburgo ci saranno pure dei giudici, ma Busto Arsizio resta fedele al suo crocifisso.

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Pubblicato il 11 Dicembre 2009
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