Neofascismo e antifascismo visti da (molto a) sinistra

Saverio Ferrari, dell'osservatorio democratico sulle nuove destre, è stato ospite del comitato antifascista bustese per presentare il suo libro "Le nuove camicie brune"

Il Comitato antifascista di Busto Arsizio ha organizzato mercoledì 2 dicembre una serata sul tema del neofascismo e dei fenomeni politici e culturali connessi, invitando come relatore Saverio Ferrari, membro dell’Osservatorio democratico sulle nuove destre. Ferrari doveva presentare il suo libro "Le nuove camicie brune: il neofascismo oggi in Italia". L’autore ha presentato agli intervenuti un’analisi ponderata del mondo della destra radicale: ovviamente, dal suo punto di vista diametralmente opposto.
Per il comitato antifascista Elis Ferracini poneva le questioni chiave: calare nel quotidiano il concetto di antifascismo, per non farne pura retorica celebratoria da museo; la nascita in città di circoli come Ardito Borgo; l’occupazione da parte di organismi e associazioni ispirate alla destra radicale di spazi e temi un tempo appannaggio della sola sinistra, «si veda anche la manifestazione contro la Pedemontana». Favorita dal clima e dai tempi, la destra radicale avanza in visibilità e spazi, mentre la sua controparte di sinistra ristagna. Ma che destra è questa odierna?

È una destra rissosa, plurale, frammentata, piuttosto che il blocco monolitico spesso evocato. Mostra un dibattito interno vivo e pieno di contraddizioni, una disposizione a frazionarsi senza posa. «Una "foto" scattata oggi di questo mondo, di qui a sei mesi andrebbe già rifatta». Posizioni interne diversificatissime esistevano già nell’MSI, «il più grande partito neofascista dell’Europa democratica» (cosa che si dimentica spesso), dove convivevano filoisraeliani e antisemiti, neonazisti e moderati, "ribelli" e uomini d’ordine. Già dagli anni Cinquanta si annunciava la frammentazione in una magmatica realtà dell’estrema destra italiana. Alcuni di questi gruppi (Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale) finirono per essere associati ai peggiori episodi del terrorismo e della strategia della tensione – che a detta di Ferrari «fu sconfitta» – fino ad essere sciolti d’autorità, o disperdersi. Altri nacquero con forza nei decenni seguenti.
Cosa resta oggi, Anno Domini 2009? Oltre a frantumi in lotta per le briciole, due forze maggiori, una politica e una culturale: Forza Nuova e Casa Pound. «Hanno fatto scelte diverse» sottolinea Ferrari: "dura e pura" la prima, per la sua strada, invece "rivoluzionaria", spregiudicata, ma con chiari legami verso il PdL la seconda. Per quanto possa proporsi come post-ideologica e si appropri di "icone" culturali altrui: ad esempio Che Guevara, che a destra è sempre piaciuto perchè incarna l’uomo che pur potendo scegliere va a morire per una causa persa ma ritenuta giusta, «come si vedevano i "ragazzi di Salò"».

Il pericolo, se c’è, da dove viene? Dall’infiltrazione del mondo giovanile, per Ferrari, «tramite il Blocco studentesco, con successi e "sfondamenti" aiutati anche dall’uso sapiente di miti e riferimenti un tempo unici della sinistra». Succede soprattutto a Roma, dove il buon lavoro politico avviato dall’MSI nei quartieri popolari già dagli anni Settanta ha alla fine pagato: uno dei ragazzi di allora è oggi sindaco. Rompere gli schemi, apparire al di là delle vecchie distinzioni, è una posa agli occhi di Ferrari, è evidente: «se andate a vedervi il programma di Casa Pound sul loro sito, lì casca l’asino: sono contro la società multirazziale, vogliono la leva obbligatoria e il nucleare», e molte altre scelte congruenti con quelle del PdL, si veda alla voce giustizia. Il movimento «elogia il governo di Berlusconi, pur avendo cercato, in contraddizione, di assecondare il movimento generazionale della scuola contro la Gelmini». Cavalcando l’Onda, insomma facendo un po’ di surf. Come poi è finita si sa: a cinghiate in Piazza Navona. Il fascino per Ferrari sta nell’atteggiamento ribellistico, da fascismo "di sinistra", come quello iniziale dei sansepolcristi di Mussolini, o di parte dello stesso movimento nazista (quella che fu sterminata da Hitler e dalle sue SS nella Notte dei Lunghi Coltelli). Di "sinistra", avverte Ferrari, non c’è un bel niente. L’anticapitalismo e l’antiimperialismo di certa destra radicale sarebbero solo maschere di un eterno odio per gli ebrei, visti in un delirio complottista ormai secolare come i manipolatori massonici dell’economia e di una società che «vorrebbero uniformare annullando tutte le identità culturali».

Temi che nella contraddittoria prassi non avevano mai impedito ai neofascisti italiani di porsi costantemente al servizio degli ambienti atlantisti nel contesto della Guerra Fredda (si vedano le dichiarazioni, illuminanti al riguardo, di un Vincenzo Vinciguerra).
Saverio Ferrari ha vissuto gli Anni di piombo, il confronto duro, l’odio tra le parti: ne è ancora inseguito, come molti protagonisti dell’epoca sui due lati della barricata, basta leggere quanto si dice di lui su Internet dove l’estrema destra regolarmente lo bolla da "cattivo maestro" non autorizzato, visto il passato, a fare la morale a nessuno. Quei tempi appaiono davvero lontani, anche se vi è tuttora chi ne paga sulla sua pelle le conseguenze fisiche e morali. Allora richiedeva del coraggio dirsi fascisti, in molte realtà d’Italia; oggi poco ci manca che le parti siano perfettamente invertite. La società è cambiata in profondità, e non in meglio secondo la vulgata della sinistra, che ci ha perso clamorosamente; in meglio secondo altri che ne hanno altrettanto ampiamente beneficiato. Fra questi non vi è solo la destra "istituzionale", diciamo così "peronista", del PdL berlusconiano, ma tutta quell’area degli "sdoganati" dell’estrema destra, che da "paria della democrazia" sono divenuti soggetti inseriti a pieno titolo nei meccanismi del potere e del consenso.
«La destra italiana ha sdoganato il neofascismo a tutti i livelli» dice Ferrari, ed è difficile dargli torto. «Ora siamo al reclutamento diretto nel PdL, guardate cosa accade a Milano con Cuore Nero, o con le botte volate ai banchetti tra ex-An e ex-forzisti perchè i secondi contestavano i troppi libri e gadget su Mussolini e il regime». Per tacere dei cartelli elettorali "dall’Udc alla Fiamma Tricolore" già visti in azione più volte in passato. Anche la Lega riceve il suo, con personaggi come Borghezio e Salvini indicati da Ferrari come in rapporti cordiali con gruppi della destra radicale.

Intanto, l’antifascismo "ufficiale" segna il passo. Due realtà, quella «istituzionale e legalitaria» dell’Anpi (cui pure Ferrari è iscritto) e quella antagonista dei centri sociali e degli adolescenti, non si parlano nemmeno. La seconda ha per l’analista del neofascismo il merito di aver colto nel ripudio del razzismo una chiave per calare l’antifascismo nella realtà di oggi «È una battaglia decisiva, perderla oggi ci farebbe pagare un carissimo prezzo domani». Ma la realtà riserva già ora amare sorprese, e le prossime celebrazioni in memoria della strage di piazza Fontana, ormai destinata a certa impunità, saranno volte, accusa Ferrari, ad un genrico ripudio del terrorismo, senza specificare di che matrice; e meno che mai sarà ricordato l’innocente Giuseppe Pinelli volato dalla finestra della Questura mentre lo "torchiavano". Morte accidentale di un anarchico, ancora una volta.

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Pubblicato il 03 Dicembre 2009
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