“Sul ‘made in’, piantare una bandierina non serve a nulla”
Patrizia Toia e Stefano Tosi intervengono per il PD sul tema piccole imprese. Tosi: "Sciocchi i messaggi che danno per finita la crisi". Toia: "Recepire lo Small Business Act europeo; per l'etichettatura, contropartite per i Paesi contrari"
Attenzione massima sul mondo delle piccole e medie imprese (PMI): è un punto chiave che in questa campagna elettorale non deve pasare in secondo piano. Così l’europarlamentare del PD Patrizia Toia e il consigliere regionale, ricandidato, Stefano Tosi, a Busto Arsizio presso la locale sede del partito per un breve incontro con la stampa.
Quello dell’economia è tema sempre decisivo a fronte di una crisi che non appare conclusa (Tosi: «sciocchi i messaggi che vrebbero farlo credere»), ma prolunga penosi strascichi con effetti pesanti sul fronte occupazionale. Nè il centrosinistra vuole lasciare agli avversari il tema. Tanto più che, sottolinea Tosi, questa campagna elettorale è stata fin qui segnata sull’affaire liste elettorali più che dai punti di programma da sottoporre ai cittadini lombardi. «Famiglia, imprese, welfare, trasporti: questi i temi di cui vogliamo parlare». Quanto al tema delle PMI, «La Regione non si è mossa con sufficiente attenzione» contesta Tosi. «Noi democratici insistiamo per una maggiore patrimonializzazione dei Confidi, per forme di incentivi cui le ditte riescano ad accedere, perchè quelle attuali risultano troppo "pesanti" e burocratizzate».
Mentre «non abbiamo visto una mobilitazione del governo per fare fronte alla crisi», un elemento chiave per le PMI può venire dall’Europa, ricorda Patrizia Toia, affrontando, da vicepresidente della commisisone industria dell’Europarlamento, l’argomento dello Small Business Act, "pacchetto" varato nel 2008 da Bruxelles e che prevede, insieme a un decalogo di principi base d’inquadramento per l’azione legislativa degli Stati, alcuni azioni concrete da far recepire ai governi nazionali, secondo il principio "Think first small" – "pensa prima di tutto in piccolo". Nel tradurlo in nome, l’Italia è abbastanza indietro – in buona compagnia, ma non è consolante, essendo il Paese che più ha urgenza.
Non tutto è già stato approvato, ad esempio le normative sui ritardi dei pagamenti, che porranno limiti rigidi (dai 30 ai 60 giorni senza eccezioni, Toia ha introdotto un dettaglio che include la situazione dei subappaltatori, spesso "tenuti per il collo" da soggetti più forti). Si chiederanno poi sempre (e solo) per le PMI allentamenti sulle regole sugli aiuti di Stato, una revisione delle aliquote IVA per le piccole aziende con alta intensità di occupazione rispetto al fatturato, l’applicazione del codice per gli appalti pubblici per consentire alle PMI di rientrare in questo fondamentale volano economico legato alle amministrazioni. E ancora, uno snellimento complessivo delle pratiche burocratiche, croce di ogni imprenditore.
«Due anni fa Bruxelles ha messo a disposizione 30 miliardi di euro attraverso la Banca Europea degli Investimenti» ricorda Toia, «da allora però solo un terzo è stato effettivamente reso disponibile. C’è chi come il Trentino si è mosso bene con le banche», altri Lombardia inclusa sono stati meno "scattanti".
Sostenere ricerca e innvazione di prodotto anche nel "piccolo", la green economy – «perchè la Regione non crea un servizio di consulenza gratuita e supporto per cogliere le opportunità europee?». Questi alcuni degli indirizzi di politica economica auspicati da Toia e da un vasto schieramento continentale di forze più o meno di centrosinistra, ma non solo.
Dove invece c’è discrepanza non è sulle buone intenzioni, quanto sui provvedimenti concreti che mettono interesse nazionale contro interesse nazionale. È il caso della questione del "made in". In Italia si sono mossi Marco Reguzzoni e Santo Versace per il centrodestra con la loro proposta di legge, ma dove si decide davvero la partita è a Bruxelles. «L’apposito regolamento» spiega Toia «deve passare in sede di Consiglio europeo, il quale (purtroppo ndr) è formato dai governi nazionali, e non tutti i Paesi hanno convenienza a che passi una misura di questo tipo. La stessa Muscardini del PdL rimarcava che va ascoltata la UE: l’iniziativa italiana» continua Toia «vista di per sè risulta quasi autarchica, per quanto lodevole». E come convincere i Paesi recalcitranti, cui fa comodo ricevere tonnellate di merci a basso costo non avendo industrie proprie da difendere? «Con il negoziato e con delle contropartite. A Strasburgo c’è una commissione che lavora sul made-in, e i temi si portano avanti ma solo se si trova un accordo complessivo, piantarci una bandierina non serve. Noi ragioniamo in termini di mercato europeo, nessuno può inventarsi regole sue».
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