Insubria premiata per la superpianta mangiainquinamento
Il ricercatore varesino Gianluca Molla ha ricevuto un prestigioso premio scientifico: in futuro le piante potranno ridurre l'inquinamento provocato dall’erbicida più usato al mondo, grazie all'aiuto di un enzima
Una pianta "magica", in grado non solo di resistere agli erbicidi, ma anche di ridurre le sostanze inquinanti a terra o nelle falde acquifere. Questo il risultato del lavoro del ricercatore dell’Università dell’Insubria Gianluca Molla (foto), un traguardo che gli è valso il prestigioso premio Mario Rippa, consegnato lo scorso 9 aprile a Parma. Molla, lavora presso il centro di ricerca The Protein Factory, creato dall’Università dell’Insubria in collaborazione con il Politecnico di Milano, e proprio qui ha sviluppato lo studio selezionato alla Società Italiana di Biochimica e Biologia Molecolare, che consegna il premio ogni due anni.
Ma in cosa consiste esattamente questa innovazione? «In agricoltura è molto importante ottenere piante ad uso commerciale, come il mais o la soia, che siano resistenti all’uso di erbicidi, la Monsanto ha registrato diversi brevetti di questo tipo», spiega Molla, «Il nostro sistema ha però la particolarità di usare un enzima che oltre a proteggere la pianta è anche in grado di ridurre i fattori inquinanti di tali erbicidi, prima che questi si diffondano nell’ambiente».
L’enzima batterico in questione, migliorato dal ricercatore dell’Insubria, si chiama glicina ossidasi: all’Insubria è stato individuato e modificato, ora è stato consegnato all’Università di Perugia per l’implementazione pratica in alcune piante modello. Al momento i collaboratori di Perugia stanno sperimentando, con primi successi, l’uso dell’enzima in erba medica, e più avanti potrà essere utilizzato anche in altri tipi di vegetali.
Ora la ricerca di Molla proseguirà sempre sul fronte dell’impiego di enzimi nei settori produttivi, con l’idea innovativa di impiegarli per ridurre l’impatto ambientale: «Ad esempio possiamo ridurre i fattori inquinanti nella sintesi dei farmaci: qui cerchiamo di immaginare nuovi processi produttivi, assistiti dagli enzimi per ridurre fattori tossici e inquinanti».
Un’idea di biotecnologia verde che può rispondere, almeno in parte, ai timori dei consumatori in merito a questo settore, recentemente emersi con il via libera dell’Unione Europea ad alcune patate transgeniche: «Ovviamente quando si parla di queste tecnologie vale sempre il principio della cautela», ci spiega il ricercatore, «Dal punto di vista scientifico non sono emersi problemi, mentre sono già evidenti i primi vantaggi per l’ambiente: in ogni caso sono sempre necessarie fasi di sperimentazione molto accurata in laboratorio, un approccio con i piedi di piombo e che sia in grado di mediare tutte le posizioni».
Il premio del ricercatore dell’Insubria va ad arricchire immediatamente il palmares della Protein Factory, il centro interuniversitario di biotecnologie proteiche nato solo un anno fa da una iniziativa congiunta dell’Università degli Studi dell’Insubria e del Politecnico di Milano. Secondo il professor Loredano Pollegioni, direttore del centro di ricerca, «Questo premio sottolinea la qualità della ricerca biotecnologica dell’Ateneo dell’Insubria e identifica nell’ingegneria proteica un settore di eccellenza a livello nazionale e internazionale. Infatti è la seconda volta che il premio viene assegnato a un ricercatore dell’Insubria: nel 2003 venne premiata la dottoressa Silvia Sacchi, anche lei ricercatrice di Biochimica. È un grande risultato che premia il lavoro di un brillante ricercatore e di un gruppo di lavoro altamente innovativo».
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