Dal Quirinale al gabinetto dell’assessore. Il Tricolore confessa le sue pene

In esclusiva per Varesenews il Tricolore nazionale rilascia un'intervista dove chiarisce dubbi, certezze e rapporti con i vessilli di altri paesi

Intervistiamo quest’oggi un personaggio molto… in vista della politica italiana: il Tricolore.

Si metta pure comodo, non c’è bisogno di restare appeso a un palo… Innanzitutto, come sta?
«Non malaccio per l’età che ho, in fondo».
Mi perdoni se sono indiscreto, ma… quanti anni ha?
«Duecentotredici».
Il tricolore sventola sul QuirinalePosso dire che non li dimostra?
«(Ride) Faccio molto movimento, su e giù ogni mattina e sera al suono delle trombe… Ma è un dono di famiglia, anche mio padre non dimostra gli anni».
Suo padre?
«Ma certo, il tricolore di Francia».
Ah, ecco. Mi sembra, insomma, che la salute la sorregga…
«Direi di sì, anche se soffro a volte di reumatismi, soprattutto quando mi trovo a garrire al vento del Nord. E dire che ci sono nato, al Nord!»
Dove, per curiosità?
«A Reggio Emilia, però vivo anche in altri ottomila Comuni d’Italia…»
In passato da quelle parti le avrebbero aggiunto una bella stella a cinque punte, o una falce e martello…
«(sospiro) Per ottantasei anni ho dovuto portarmi appresso il pesante stemma dei Savoia! Una stella sarebbe stata forse più leggera, ma dopo che avevano cercato di cucirmi addosso anche un fascio ne avevo viste abbastanza. Cominciavo anche ad avere un’età, i padri Costituenti lo capirono e mi vollero senza pesi addosso. Per essere eleganti bisogna saper essere essenziali, dicono».
Dalle nostre parti, ai piedi delle Prealpi, oggi c’è chi vorrebbe renderla ancora più leggera… così leggera da non esistere.
«La ringrazio per la cortesia… e per gli eufemismi: c’è chi ha deciso di usarmi come carta igienica, lo so bene. Il fatto è che non ho colpe: non ho mai saputo spiegare agli italiani che se sono tali loro malgrado, io non c’entro. Sono un ambasciatore che non porta pena. Il problema è che non posso parlare agli italiani, perchè sono loro che parlano al mondo attraverso di me. Se poi alcuni vogliono parlare col di dietro…»
Di volta in volta lei è oggetto di sentimenti contrastanti.
«È divertente, davvero, a pensarci. Un momento tutti ti sputano perchè si parla di di mafia e di corruzione, o ti irridono perchè si parla di politica e di veline. Un altro tutti ti coccolano perchè si parla di storia, di cucina, di moda, di vacanze o di sport».
Le opinioni però non sembrano smuoverla.
«Lo fanno solo se sono in grado di generare una corrente d’aria, il che non accade spesso. Me ne sono sentite dire di tutti i colori, ma ho la pelle dura, ho visto due guerre mondiali io. Credono di farmi paura? Io ero sull’Isonzo e sul Piave, sul Don e ad El Alamein, in montagna con i partigiani, perfino in prigionia».
E con i colleghi?
«È un mondo difficile quello del lavoro. L’americano e l’israeliano, poveretti, finiscono spesso bruciati; tutti guardano strano il nepalese che è l’unico non rettangolare, e se ne vanta; cerchiamo di tenere separati i due coreani, e così via. Ben sapendo di queste rivalità, all’Onu hanno deciso il nostro destino: tutti appesi».
Ma sul suo rivale… quello con il Sole delle Alpi?
«Stavamo parlando di bandiere nazionali: non andiamo fuori argomento. Quello è un simbolo di partito, e quando uno di questi ha rimpiazzato i colori nazionali sono sempre stati dolori. Un ex collega tutto rosso con un paio di attrezzi da lavoro disegnati sopra è stato ammainato senza rimpianti, un altro con un simbolo esoterico in mezzo è durato dodici anni appena, s’è fatto odiare da tutti ed è finito sotto gli stivali dei russi. Ben gli stava: gli arrivisti non mi sono mai piaciuti».
Si direbbe che lei sia un po’ classista.
«Nasco da una rivoluzione. Appartengo a una generazione dai valori forti. Qualcuno ci ha marciato, è vero. In mio nome qualcuno voleva persino la guerra civile preventiva contro quelli che volevano mettermi la stella, ricorda? Ma non mi sono mai fidato troppo nemmeno di chi mi portava in palmo di mano. È una lezione dolorosa, ma che bisogna imparare».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 04 Maggio 2010
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