Il Giro d’Italia secondo “el Diablo”
Claudio Chiappucci fa le previsioni sulla corsa rosa: «Due stranieri contro tanti italiani: attenzione alle sorprese». E graffia: «Assurda la partenza dall'Olanda»
Forse Claudio Chiappucci non è più quello che «se gli appare la Madonna su una salita, lui prova a staccarla», per dirla con la raffinata ironia di Gianni Mura, ma El Diablo (nella foto con Miguel Indurain – da www.claudiochiappucci.it) a 47 anni è ancora uno che "festeggia" l’imminente inizio del Giro d’Italia con un allenamento di 100 chilometri, con attacco "a tutta" sul Sasso di Gavirate dove tra l’altro confezionò la sua vittoria alla Tre Valli Varesine.
«Dopo due giorni di pioggia ci voleva proprio – racconta appena sceso di sella – perché va bene che ho ancora tante attività in ballo, ma la bici rimane la cosa che mi ha dato di più e con cui mi trovo a mio agio». A due giorni dall’inizio di quel Giro che da corridore non è mai riuscito a vincere, tocca a lui dare un giudizio sulla corsa più amata dagli italiani che scatta da Amsterdam.
Claudio, senza indugi: chi sono i favoriti?
«È un Giro con pochi stranieri che possono vincere e diversi italiani che si contenderanno la maglia rosa, ma stabilire un favorito puro è difficile: non vedo un corridore superiore agli altri».
Facciamo qualche nome.
«Stranieri ne vedo due: il campione del mondo Cadel Evans e l’esperto Vinokourov. Tra i nostri la stella doveva essere Basso ma sinceramente non lo vedo molto in forma. Arriva al Giro senza aver fatto risultati e al momento appare un po’ al di sotto dei migliori, però in una corsa di tre settimane la condizione può anche arrivare. Non è certo tagliato fuori».
Non ha nominato né Sastre né Scarponi.
«Lo spagnolo è un buon corridore ma mi pare che per puntare al primo posto assoluto sia un po’ spento. Scarponi è sicuramente una delle possibili sorprese però non ha "precedenti" in una gara così lunga: un conto è primeggiare sulla distanza di una settimana, un conto su venti tappe. Però teniamolo d’occhio».
Detto di Basso, faccia una previsione su Garzelli che l’anno scorso ha riportato a Varese quella maglia verde che ci mancava dagli anni di un certo Chiappucci…
«Stefano sarà a suo agio nel ruolo di cacciatore di tappe, soprattutto se andrà fuori classifica. In carriera ne ha già vinte tante, può ripetersi ancora».
Parliamo del percorso: le piace?
«Prima di tutto lasciatemi dire che trovo assurdo che il Giro parta da Amsterdam: si tolgono giorni di corsa alle città italiane solo per motivi di business e la cosa non mi fa certo piacere. Per il resto ci sono senz’altro alcune tappe di valore anche se come sempre saranno i corridori con le loro tattiche a renderle avvincenti. Sta a loro scegliere il palcoscenico migliore».
Qualche tratto che lei giudica decisivo?
«Tappe come lo Zoncolan non le tiro in ballo, un po’ perché tutti si aspettanto fuoco e fiamme su quelle strade, un po’ perché i primi della classifica in salita vanno tutti dello stesso passo, più o meno. Quindi, crolli a parte, ci potrà essere qualche differenza ma non decisiva. Piuttosto, fossi in gruppo, farei molta attenzione in quelle frazioni intermedie dove possono davvero nascere i colpacci».
Lei ci sarà?
«Solo a distanza. Farò il commentatore tecnico per Radio 105 come negli ultimi anni, ma avrò la postazione in studio a Milano. È un lavoro che mi piace e che è più difficile e gratificante rispetto a svolgere la stessa cosa in televisione. Alla radio le immagini non si vedono, il racconto è più importante. E poi vado in onda in un orario interessante, quando la gente risale in macchina e torna dal lavoro: non è bello come pedalare, ma sono ugualmente soddisfatto».
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