Torna il festival dell’Insubria

La manifestazione, giunta alla sua quarta edizione, propone due appuntamenti per giovedì 27 maggio

Ecco il programma per la prima giornata del festival "Insubria, terra d’Europa" che prenderà il via il 27 maggio e giunto quest’anno alla sua IV edizione.

Alle ore 18, presso la struttura di Piazza Monte Grappa, il convegno sulla mostra “Fiabe e leggende del folklore Insubre”, a cui intervengono Roberto Corbella, studioso di folklore, Massimo Centini, antropologo e Marco Peruzzi, in qualità di moderatore.  “Anche quando, ad una lettura superficiale, appaiono fantasiosi e del tutto avulsi dal principio di ragione che governa il nostro mondo manifesto ordinato, laborioso, diurno e raziocinante, miti e leggende celano sempre, come ammoniva Giuliano l’Apostata, una scintilla di rivelazione. A chi abbia occhi per guardare la realtà in trasparenza e sia in grado di andare oltre il velo di Maya della nuda parola, ricercando la verità che in essa si nasconde, nuovi cieli e nuove terre, inattesi, si rivelano. Le fessure degli alberi e gli anfratti delle montagne si riempiono allora di spiriti, elfi e folletti, nuovi Dei nascono, annunciati dal fragore del tuono, Demoni percorrono veloci le strade in cerca di vendetta, protetti dalla discreta complicità dell’ombra e spettri senza requie infestano dimore abbandonate nell’orrendo grembo della notte. Se ancora il disincanto non ha ghermito ed incatenato le vostre anime, seguite uno degli ultimi cantastorie in questo viaggio emozionante attraverso le fiabe della nostra terra e fate un passo appena oltre lo specchio…”.

Alle ore 21, un incontro dal titolo “Hermann Hesse, scrittore d’Insubria”, in onore dello scrittore che aveva fatto dell’Insubria la sua patria d’elezione: intervengono Quirino Principe, dell’Università di Roma Tre, Claudio Bonvecchio, dell’Università dell’Insubria, modera Andrea Mascetti, di Terra Insubre.
Tutta l’opera di Hermann Hesse ruota, con appassionata e talora ossessiva insistenza, intorno al tentativo di sanare l’antitesi tra realtà e spirito, tra Io e Natura, superando nell’intuizione totale della Vita perenne ed ininterrotta il dissidio insito in ogni vita individuale, che per esistere deve distinguersi e contrapporsi al grande fluire. La poesia, intesa non come mera creazione artistica bensì come slancio vitale capace d’immedesimarsi col respiro del Tutto, per lo scrittore tedesco è chiamata all’alto compito di comporre in armonia le dissonanze rappresentate dalle esistenze singole e finite, con la loro angoscia e la loro caducità, la loro solitudine e la loro morte. Se in “Peter Camenzind” il protagonista compie un viaggio che dall’infanzia trascorsa in un paese alpino lo conduce attraverso il corrotto ambiente della città per poi riconciliarlo ciclicamente, nel finale, con le sue origini agresti, nelle prose di viaggio raccolte nel volume “Ticino”, canto d’amore nei confronti dell’Insubria, patria d’elezione e quindi dimora dello spirito dove egli trascorse buona parte della sua vita, questo sentire panico si traduce in una poetica dei luoghi dal sapore vagamente heideggeriano, che fa di Hesse un involontario precursore degli stilemi espressionistici cari alla migliore letteratura della crisi. Riallacciare i fili dispersi di un rapporto più autentico con la propria Heimat al fine di riscoprire una dimensione sacra dell’abitare diventa per Hesse un motivo portante, visto quale solo ed urgente antidoto allo sradicamento che è un tratto distintivo dell’imperante società borghese. Dato che riscoprire i luoghi significa percorrerli, gli eroi hessiani sono viaggiatori per definizione. Forse la più alta poesia di Hesse è quella del vagabondare, lapoesia della strada e delle stagioni, del lungo cammino e della breve pausa, della familiarità avventurosa con la quale il viandante s’inoltra nel mondo lontano, straniero eppure vicino.
Hesse è però troppo disincantato per non capire come anch??e il destino e l’itinerario del viandante siano mutati.
Il paesaggio nel quale si avventura il randagio moderno non è più l’antica libertà del bosco, dove si può essere spensierati e felici, ma è il ben più inospitale paesaggio cittadino nel quale si muovono Klein ed Harry Haller, il lastricato della disumana ed alienata metropoli moderna governata da leggi impersonali che mettono ad ancor più dura prova l’individuo. Il viandante moderno, il quale si nutre di questo disagio ch’egli avverte più degli altri, assume necessariamente dei tratti luciferini, è il Caino del “Demian” fiero del marchio d’inavvicinabilità segnato sulla sua fronte, con la sua sottile ed ambigua rappresentazione del pathos del tramonto europeo, che travolge tutti ed anche i due protagonisti nell’esaltazione della guerra e nella febbre di distruzione sacrificale. In “Demian” sembra quasi che Hesse s’immedesimi sino in fondo con l’ebbrezza di morte della Vecchia Europa. Ma – ed è questo il tratto ineludibile del suo pacifismo di fondo – per scongiurare le possibili conseguenze etico politiche di quella danza della morte che celebrava la crudeltà dell’amor fati egli afferma che ogni furia omicida verso un altro uomo è diretta, senza saperlo, contro qualcosa che risiede nel cuore dell’uccisore.

Per visionare il programma della manifestazione “Insubria, terra d’Europa” e per ulteriori informazioni, visitare il sito www.insubriaterradeuropa.net.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Maggio 2010
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