La banda larga è democrazia
La politica deve compiere delle scelte che accompagnino lo sviluppo
Ogni epoca ha le sue parole. Chiare, dirette, magiche, a volte misteriose. Descrivono la vita ed evocano emozioni. Alcune sono universali, altre sembrano sbucare dal nulla. Nel nostro secolo una di queste è banda larga. Una parola che richiede un aggettivo, ma che potremmo usarla anche come fosse un tutt’uno.
Di banda larga si parla sempre più spesso. Non ha a che fare solo con la tecnologia, anche se è direttamente legata allo sviluppo di Internet e serve per garantire una migliore e più efficace connessione alla Rete.
E questa è qualcosa che è dentro di noi. Rappresenta lo sviluppo del nostro cervello, delle nostre sinapsi. E da elemento tecnologico è diventato così elemento di socialità e di comunità. Permette un livello di interazione e partecipazione senza precedenti. Siamo di fronte a un nuovo modo di vivere le relazioni che non elimina il bisogno essenziale di fisicità, ma che ci consente maggiori scambi e maggiori opportunità. Restano le emozioni il nucleo vitale della vita, ma queste non vengono certo annullate dall’uso del web.
La Rete è infatti democrazia, libertà e conoscenza. E per queste ragioni la parola banda larga è centrale per il nostro secolo. Purtroppo nel nostro Paese scontiamo un ritardo pericoloso. Due dati ci danno la misura di una condizione veramente preoccupante: lo scarsissimo livello culturale di una parte consistente della popolazione e la bassa diffusione della banda larga. Sono fenomeni tra loro legati e forse in molti casi riguarda le stesse persone.
E’ un ritardo non tanto nel presente, ma nella visione di futuro. E l’incapacità di cogliere a fondo questa situazione diventa giorno dopo giorno sempre più pericolosa.
Lo Stato deve fare una parte importante e non bastano le imprese private, perché vivono restrizioni anche di natura giuridica che non consento di sviluppare liberamente il sistema delle telecomunicazioni.
Da qui emerge tutta l’incapacità della politica di saper affrontare seriamente questo tema. Chi governa oggi, vista l’impossibilità di controllarla, ha il timore che la Rete, con la sua istanza democratica e un po’ anarchica, permetta ai cittadini di sviluppare maggiore conoscenza e coscienza. Berlusconi ha poi una precisa idea di futuro, fatto di maggiori canali televisivi e di semplice intrattenimento.
Nel Partito democratico si intravedono potenzialità e possibili effetti, ma si vive in una contraddizione che fa sprecare enormi energie. C’è la paura di perdere l’identità, non comprendendo che una maggiore diffusione della Rete non solo la preserverebbe, ma porterebbe valori, progetti e proposte a una più larga platea.
Dentro questa situazione il Paese vive una condizione bloccata. E anche in questo la banda larga è utile come specchio del momento storico che viviamo.
Per sbloccarci c’è bisogno di coraggio, di capacità di ascolto, di guardare con maggior fiducia il futuro senza vivere nella perenne sindrome dell’essere reduci. C’è bisogno di visioni, ma soprattutto di ribellione perché si dia sempre maggior spazio alla socialità, alla condivisione e alla speranza.
La banda larga è anche questo.
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