Novantasei anni fa le prime cannonate della Grande Guerra

Con l'attacco austroungarico alla Serbia dopo l'assassinio a Sarajevo dell'erede al trono di Vienna, Francesco Ferdinando, si apriva un conflitto che avrebbe ingoiato le vite di quasi dieci milioni di uomini e aperto le porte ai regimi più crudeli della storia

Oggi, 28 luglio 2010, ricorre il 96esimo anniversario dei primi colpi di cannone della Grande Guerra, la prima guerra mondiale che per quattro anni avrebbe insanguinato l’Europa in misura mai vista in precedenza. Piovvero attraverso il Danubio, in direzione di Belgrado: fu l’Austria-Ungheria asburgica infatti a compiere il passo fatale, con l’intenzione di farla finita con la spina nel fianco rappresentata dalla Serbia, la quale agitava le popolazioni slave della Bosnia contro il governo imperial-regio di Vienna. L’occasione fu data dall’assassinio a Sarajevo dell’erede al trono asburgico, Francesco Ferdinando, il poco amato nipote dell’anziano imperatore-re Francesco Giuseppe. Dopo un primo tentativo andato a vuoto, i colpi di pistola dello studente Gavrilo Princip, assoldato e armato dalla società segreta Crna Ruka (Mano Nera), ben introdotta nel governo e nei servizi segreti di Belgrado, uccisero Francesco Ferdinando e sua moglie, la contessa Sofia Chotek. Più altri nove milioni di soldati che sarebbero morti prematuramente nei successivi quattro anni, senza contare sei milioni di civili travolti dal disastro.

La dichiarazione di guerra austroungarica contro la Serbia giunse il 28 luglio 1914 dopo giorni di tensione e un ultimatum volutamente inaccettabile per il governo di Belgrado, stilato dal ministro degli esteri di Vienna, Berchtold. Alle spalle della decisione asburgica di agire militarmente, la "carta bianca" stoltamente data dall’alleato, il Kaiser tedesco Guglielmo II, un sovrano immaturo e impulsivo tenuto in pugno dal suo Stato maggiore (che a guerra perduta se ne sarebbe disfatto senza troppe cerimonie). A rendere tragico l’avvio del conflitto fu l’ostinata convinzione dei circoli militari e di governo tedeschi di dover agire prima possibile contro la duplice minaccia dell’alleanza franco-russa, la cui forza armata cresceva di anno in anno, e l’assoluta rigidità dei meccanismi di mobilitazione di masse enormi di uomini, impossibili da fermare una volta avviati.

All’epoca la Polonia non esisteva, divisa fra Russia, Germania e Austria, la Francia rivendicava la restituzione dell’Alsazia-Lorena da parte tedesca. Nel turbinio di dichiarazioni di guerra avviato dalla Germania contro Francia e Russia, e con il coinvolgimento riluttante della Gran Bretagna quando il Belgio fu invaso dall’armata tedesca d’occidente diretta ad accerchiare il grosso dell’eserito francese, l’Italia, tecnicamente alleata di Germania e Austria-Ungheria, restò dapprima neutrale. La sua partecipazione, dall’aprile 1915, colpevolmente quando già si conosceva il prezzo della guerra moderna, sarebbe stata un’enorme tragedia, con la "conquista" (al tavolo della pace) di Trentino, Sudtirolo, Venezia Giulia e Istria al prezzo di almeno 650.000 morti, umilianti disfatte (Caporetto) e drammatiche battaglie difensive (Montello, Asiago) in cui rifulse il valore dei soldati. Atroci furono le perdite umane per i paesi coinvolti: la Francia, il più popoloso paese d’Europa fino all’Ottocento, non si è ripresa fino al Duemila dalla perdita di 1,3 milioni di uomini giovani e validi; la Germania ne perse 1,7 senza che ciò le impedisse di riprovarci una seconda volta, con esiti ancora più disastrosi; anche il Regno Unito con i suoi Dominion e l’India subì quasi un milione di perdite in battaglie passate alla storia nel segno dell’orrore come la Somme o Passchendaele. Senza citare le sofferenze immani della Russia (2,5 milioni di morti militari, milioni di prigionieri e il crollo del fronte interno), la Serbia infine schiacciata e occupata dopo eroica resistenza, l’Impero Ottomano che sacrificò a Gallipoli, in Iraq e in Palestina i suoi uomini migliori contro i britannici.
A rendere insopportabilmente pesanti le perdite fu una concomitanza di fattori sociali e tecnologici: la guerra scoppiò nel peggior momento possibile. Eserciti composti da milioni di uomini si scontrarono in campo aperto con armi che favorivano una stretta difensiva (fucileria a ripetizione, mitragliatrici, filo spinato, artiglieria a tiro rapido, filo spinato), quando ancora l’aviazione, padrona della guerra moderna, era in fasce, e i carri armati erano appena un’idea in cerca di primo impiego. Ne risultò la famigerata guerra di trincea.

Poco importa oggi ricordare che vinsero, diciamo così, "i buoni", le democrazie di allora, che facevano fucilare a centinaia per diserzione o codardia i propri uomini, spesso contadini, quasi tutti reclutati obbligatoriamente. Alcuni feroci crimini di guerra tedeschi preannunciavano gli orrori della seconda guerra mondiale; il genocidio degli armeni (un milione e mezzo di vittime, tutti civili) perpetrato dal governo ottomano fra l’Anatolia e la Siria ebbe conseguenze permanenti e irreversibili, ancora non riconosciute ufficialmente.
Tremende furono poi le conseguenze politiche di quattro anni di guerra che avevano messo un’arma in mano a ogni europeo e diffuso il culto della violenza e dell’assassinio come soluzione di ogni problema. La Russia crollò preda della Rivoluzione bolscevica, un immenso equivoco in cui cascò la sinistra rivoluzionaria europea, restandovi invischiata per decenni (ne paga ancora oggi il prezzo). La Germania sconfitta, ma non travolta, inventò il mito della "pugnalata alla schiena" da parte di socialisti ed ebrei, una falsità assoluta su cui Adolf Hitler, reduce della Grande Guerra, avrebbe costruito il suo satanico potere. In Italia, la violenza di massa aprì le porte al fascismo, regime non ancora metabolizzato del tutto a due generazioni dalla sua caduta. Le democrazie occidentali di Francia e Gran Bretagna, indebolite, si sarebbero esposte alla vendetta degli sconfitti.
La Grande Guerra fu insomma un vero suicidio di massa per l’Europa, fino al 1914 "padrona del mondo". Un colpo di campana a morto per ogni cannonata sparata non basterebbe ad estinguerne i lutti.

Redazione VareseNews
redazione@varesenews.it

Noi della redazione di VareseNews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.

Pubblicato il 28 Luglio 2010
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.