Aerospaziale, un’eccellenza italiana

Il settore cresce: ormai si difende "in orbita" la propria sovranità, a suon di tecnologia. Così Marco Airaghi, consigliere ministeriale per le attività aerospaziali e vicepresidente ASI, in una tavola rotonda indetta dai Rotary

L’aerospaziale settore di punta per le tecnologie più disparate, e in grado di esibire una tendenza anticiclica alla crescita; ma anche presidio di indipendenza nazionale ed europea, e concreto orgoglio produttivo della nostra provincia in particolare. Questi alcuni dei temi toccati nell’incontro organizzato presso l’Università Cattaneo-Liuc di Castellanza da cinque Rotary club del Distretto 2040.

Occasione importante e che ha richiamato, oltre ai soci rotariani, autorità ed esperti del settore. Con il rettore della Liuc Taroni a dare il benvenuto, il giornalista Giovanni Caprara della redazione scientifica del Corriere della Sera a moderare e Michele Graglia, presidente degli industriali varesini, a dare, a introdurre brevemente ricordando che «nel settore siamo al top a livello mondiale». Bruno Amoroso, per la Camera di Commercio, ricordava invece i progetti RFID – identificazione a radiofrequenze – con il relativo laboratorio.

Centrale l’intervento dell’on. Marco Airaghi, vicepresidente dell’Agenzia Spaziale Italiana e consigliere del Ministro della Difesa per le Attività Aerospaziali; di sicuro interesse anche le relazioni di tecnici e dirigenti delle massime aziende ed enti nazionali attivi nel settore.
Airaghi ha rimarcato come attenzione per l’aerospaziale vi sia stata sia sotto il centrodestra che sotto il centrosinistra, ricordando la buona collaborazione al riguardo con il collega dell’altro schieramento Cialente (oggi sindaco dell’Aquila). È stato però il ministro La Russa a creare un ruolo specifico di consigliere ministeriale mirato al settore, inserendovi proprio Airaghi. Che è stato… arruolato e “spedito in orbita”. Forse non proprio in orbita, ma almeno a gravità zero sì, come mostravano i filmato mostrati da Carlo Viberti, presidente di Spaceland, in cui anche Airaghi piroettava durante un “volo parabolico”, appunto in assenza di gravità: un’esperienza per la quale Spaceland addestra una numerosa clientela.
Airaghi ricordava come l’Italia sia stata la terza nazione, dopo Unione Sovietica e Stati Uniti, a mettere in orbita un satellite, nel 1964, grazie all’opera pionieristica del professor Luigi Broglio. «Siamo il terzo contributore all’agenzia spaziale europea (ESA), con 3-400 milioni di euro l’anno» ricordava, ed è importante che i governi a venire non perdano di vista il settore aerospaziale perchè un domani «il possesso delle tecnologie satellitari sarà un discrimine fra le nazioni». Un elemento di competitività aggiunta, e di sicurezza. Quant’è vero che l’Europa dovette varare il programma Ariane per sfuggire al monopolio statunitense sui vettori di lancio – ironicamente, concepiti nella Germania nazista dal genio di Von Braun. L’inventore della micidiale e allora fantascientifica V2, “nonna” di tutti i missili moderni, era stato poi “assunto” dagli americani per portarli nello spazio e da lì sulla Luna.

Oggi l’Europa, per sfuggire a un altro monopolio americano, quello sul GPS, sta realizzando il grande progetto Galileo: una rete satellitare concorrente (e più moderna) per la geolocalizzazione e la navigazione. Che Washington non potrà spegnere a piacimento. Intanto, Airaghi può vantare la qualità del programma Cosmo SkyMed, satelliti italiani con la migliore risoluzione d’immagine e radar al mondo, tanto che le immagini sono state acquistate anche dallo stesso Dipartimento della Difesa USA. O il lanciatore Vega, un missile in gran parte italiano, "imposto" all’Agenzia Spaziale Europea e che decollerà dalla primavera 2011.
Dopo le pagine di gloria della nostra produzione per lo spazio, restano i problemi. Airaghi ne cita due significativi. Il primo è la proprietà delle massime aziende del settore, che è in mani straniere (sia pur europee). L’altra, grave, è «l’assoluta mancanza di figure professionali in grado di sostituire una generazione di ingegneri e tecnici aerospaziali. È un grido di dolore che lancio qui, nella “provincia con le ali”. Servono più corsi, più master, e indirizzare i giovani a questo settore».

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Pubblicato il 28 Settembre 2010
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