“Fascismi” e “antifascismi” quotidiani: dagli “Ultimi Mohicani” agli … ultimi giapponesi del centrosinistra
In un incontro a Villa Tovaglieri, un interessante confronto fra le più diverse opzioni "a sinistra": dai ragazzi reduci dall'occupazione dell'Edera ad amministratori comunali e provinciali ed ex sindaci
Voci a sinistra, voci plurali, voci diverse, voci fuori dal coro. Voci istituzionali o "ribelli". Voci ascoltate nell’incontro su "antifascismo e municipalità" organizzato a Villa Tovaglieri dal Comitato Antifascista bustese e risoltosi in una tavola(ta) rotonda ben imbandita. Ospiti rappresentanti associativi, consiglieri comunali e provinciali come Giampaolo Livetti e l’ex sindaco di Samarate Vittorio Solanti, e da Mesero (MI) Vanni Pardi, assessore alla cultura. "In campo" però anche tre ragazzi degli "Ultimi Mohicani", il collettivo protagonista, in prima persona come nel caso di una delle ragzze presenti, dell’occupazione e del successivo sgombero dell’Edera di Cardano al Campo. Il loro racconto: «Ci battiamo contro la speculazione e per il verde, ma a Gallarate è difficile. A Cardano abbiamo fatto un’esperienza di occupazione, incassando una sorprendente solidarietà dal vicinato; c’è chi ci ha aiutati, vedendo in noi la volontà di un uso diverso di un edificio abbandonato». Che però ha un proprietario: e i discorsi conciliatori del sindaco e della sua vice potevano poco di fronte alla legge e all’obbligo di rispettarla, che come osservava asciutto anche Solanti, ricade in capo al primo cittadino. «Due settimane e a sgomberarci è venuto un esercito; poi, di tre che eravamo rimasti sul tetto, ci hanno portati via di peso».
Fascismo e antifascismo visti dai comuni, tra retorica e pratiche quotidiane. Solanti rivendicava di non aver fatto "figli e figliastri" nell’assegnare 37 case popolari a fine mandato, senza ostacolare gli stranieri, che altrove diventano "il" problema. I samaratesi non hanno rinnovato fiducia alla sua amministrazione, ma non è certo quello il motivo, semmai la divisione del centrosinistra. Di unità si parlerà, proprio con gli appelli in questo senso di Livetti, che anche dal punto di vista generazionale, come Solanti, si è nutrito di quella che l’ex sindaco di Samarate descriveva come la «cultura antifascista anni Sessanta-Settanta», popolare e alta insieme, momento formativo per tanti in tempi in cui la cultura si costruiva dal basso, magari alla scuola serale, e non era ancora imposta dai media o dal consumismo. «Una cultura pre-politica» la definiva Solanti, lamentando che «chi mi ha preceduto sulla poltrona di sindaco non ha mai partecipato alle manifestazioni del 25 aprile; chi mi è succeduto, il 20 giugno ha disertato l’anniversario di Fondotoce per andare a Pontida…»
Livetti ricordava le vicende legate all’intitolazione della Fondazione Blini di Busto Arsizio, che a sinistra dà l’orticaria. «Proposi in consiglio provinciale di intitolarla a don Isidoro Meschi, invece. Reguzzoni mise in chiaro che il nome di Giovanni Blini non si toccava». I voti li aveva lui, il presidente, che oggi è a Roma da deputato. Come li ha chi si pone a tutore di "legge e ordine". «Voi occupate e altri vi buttano fuori, ma sono quelli a beccarsi i voti della gente» ha detto Livetti agli "Ultimi Mohicani". «In politica molti per farsi rieleggere mirano non alla testa, ma alla pancia degli elettori. La gente oggi ragiona così, e premia chi se la prende con gli indifesi. A noi manca un’alternativa chiara, singola e unitaria a questo quadro. C’è una politica "fascista", è nelle cose: è anche far sparire gli alberi per far posto al parcheggio, è pensare alle rotonde dimenticando il trasporto pubblico, e così via. Invece autoorganizzarsi, trovarsi gratuitamente, senza "consumare", come voi, può far scoprire che il re è nudo».
Da Mesero gli intervenuti, veri "ultimi giapponesi" del centrosinistra, raccontavano la "favola" di un paese di tremila abitanti del Magentino, dove «quasi ovunque l’ondata di destra, e soprattutto della Lega, ha spazzato tutto». Vent’anni filati di governo delle sinistre, da queste parti più un caso che un record, quando, si ricordava, ormai nella gran parte delle province lombarde non rimane che qualche sparuto consigliere isolato definibile "di sinistra". In consiglio regionale, velo pietoso. Al livello locale, la stessa parola "antifascismo" fa paura e respinge, notava il consigliere comunale bustocco Antonello Corrado, venuto a dire la sua: non accade invece a simboli e proclami del regime che trascinò l’Italia nell’abisso della sua caduta, popolari come non mai, anche tra i giovanissimi.
Non è un caso che le uniche amministrazioni di centrosinistra in grado di sopravvivere siano quelle percepite come "pane e salame", zero ideologia e molta concretezza. Un po’ come a Mesero, dove ci si è rinnovati, raccontava Pardi, anche nelle paludate occasioni tradizionali come il 25 aprile, vivificate coinvolgendo giovani e scuola. Ci si è persino concessi il lusso di vincolare a parco intercomunale buona parte del territorio, limitando l’edilizia in un teritorio attraversato dalla Malpensa-Boffalora. Risultato: proiettili e minacce come regalo di Natale, l’anno scorso. Al voto amministrativo del 2009 la giunta aveva retto, di giustezza; quest’anno alle regionali Mesero ha votato a destra. La differenza? L’ha fatta l’affluenza, 82% contro 67%. «Perchè a votare sempre sono quelli che votano ‘di pancia’» insisteva Livetti. E la lingua batte sempre dove il dente duole. Imparare a raccogliere un po’ di voti di pancia, per quanto non piaccia, a sinistra farebbe un gran bene.
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