Galanda in diretta tv: “Varese respira basket, proviamo a regalarle un sogno”
Il capitano della Cimberio è stato intervistato dal nostro giornalista Damiano Franzetti. Nazionale, prospettive della Pallacanestro Varese, vita privata e tanto altro in una lunga e piacevole chiacchierata

Nazionale, prospettive della Pallacanestro Varese, vita privata e tanto altro in una lunga e piacevole chiacchierata. Tante le domande arrivate dai lettori/tifosi, molto attenti al presente e al passato del basket cittadino: «Per la Nazionale mancano le nuove leve, i giovani vanno fatti crescere e giocare – esordisce Galanda -: in Italia siamo bravi a sparare alto, esaltare e poi bruciare. In rampa di lancio ci sono Martinoni e Melli, ma devono avere tempo. Hanno personalità, capacità e intelligenza, ma devono avere il tempo di sbagliare per crescere».
Al capitano di Varese chiedono dove può arrivare questa Cimberio: «Tutti vogliono sapere se arriveremo ai playoff – commenta Gek -. Dico sì, ma anche no. Fino alla fine non si è sicuri di nulla: le squadre cuscinetto non ci sono, le situazioni cambieranno di volta in volta. Non ha senso parlarne adesso, per un discorso di logica della pallacanestro. Non bisogna esaltarsi, né buttarsi giù. Le squadre cambiano tanto, i programmi e le valutazioni sono complicati da fare». In tanti non dimenticano il 1999, l’anno dello scudetto della Stella dei Roosters: «Fu un anno fantastico e ci ha fatto una gran pubblicità – scherza Gek – io stesso sono stato lanciato da quella vittoria. . Quello è stato un anno magico: intensità e voglia si sentivano, si toccavano. C’era gente di esperienza che si prendeva responsabilità». La Pallacanestro Varese di nuovo in Europa? «È un sogno, lo ammetto», dice Galanda, che spiega come le Coppe siano anche un modo per cementare il gruppo. Yoda chiede come mai non si punti più su un giocatore-cassaforte come Komazec o Mrsic: «Giocatori di questo tipo non ce ne sono più perchè in un campionato come questo ci vuole altro: si cambia molto in fretta, le squadre sono molto preparate e per il loro modo di stare in campo sarebbe tutto più difficile, anche se sarebbero ancora atleti di alto livello».

Sulle differenze tra Recalcati e Pillastrini, Gek ha le idee chiare: «Racalcati sta lavorando per inserire Slay nei giochi d’attacco, usa la zona come difesa tattica per mettere in difficoltà l’avversario e questa fuori casa sarà un’arma da usare, anche ad Avellino. Pillastrini e Recalcati sono diversi, entrambi carismatici. Il basket non è una scienza perfetta, è il campo a dare il responso definitivo – spiega Galanda -. La filosofia è diametralmente opposta: Pilla parte con delle convinzioni, studia la squadra e scegli gli uomini per giocare la sua pallacanestro con pazienza, dal primo all’ultimo giorno, convincendoti che quello è il modo migliore per dare il massimo. Recalcati invece cerca di ottimizzare al meglio le capacità dei singoli giocatori per la squadra. La palla ora è a Charlie: di pallacanestro ne sa e lo sa trasmettere, l’atteggiamento è sempre lo stesso, ha vinto più di 400 partite in serie A, non è un caso».
Sulla squadra, Galanda è convinto della bontà delle scelte fatte: «Avremmo dovuto avere un lungo atletico, ma non ce l’abbiamo. Dobbiamo sopperire con atleticità, tecnica, tattica: siamo intercambiabili, abbiamo tiro, possiamo aprire le difese, abbiamo tante armi tattiche. Non c’è un intimidatore in mezzo all’area: agli ultimi playoff che abbiamo giocato avevamo Howell che difendeva, prendeva rimbalzi, segnava e faceva il suo lavoro bene – spiega Gek -. Con Collins sarebbe potuto essere così, non abbiamo potuto provarci. Ma abbiamo Ron Slay che può darci molto: sono contento lo stesso. Goss e Rannikko sono due giocatori eccezionali, hanno esperienza e voglia di dimostrare di poter far bene sia in attacco che in difesa. Possiamo avere fisicità in zona 3/4 con Kangur, dobbiamo sfruttare le nostre qualità, giocare vicini a canestro: un 3 grosso è fondamentale. Un parallelo con De Pol? Sono un pochino diversi, ma entrambi importanti in quel ruolo. Un amico mi ha detto che Martinoni ricorda me da giovane, glielo auguro».
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