Camponeschi: la corsa si è interrotta, la beneficenza no
Il racconto del runner varesino che ha partecipato alla Boa Vista Ultramarathon e si è dovuto ritirare dopo 58 chilometri. Giovedì 23 dicembre la proiezione delle fotografie a Casbeno mentre prosegue il sostegno alla Fondazione Piatti
Camponeschi però ha centrato una vittoria personale: grazie alla sua partecipazione e al gioco delle scommesse che ha lanciato (ne abbiamo parlato nell’articolo di presentazione dello scorso 30 novembre) prosegue infatti la sua raccolta fondi per la Fondazione Piatti – Anffas di Varese. Anche per questo Massimo dà appuntamento a tifosi, curiosi e appassionati per la sera di giovedì 23 dicembre quando all’oratorio di Casbeno proietterà le fotografie delle sue gare e farà il punto dell’iniziativa benefica. Oltre a pagare da bere a chi ha vinto la "scommessa" sul suo risultato. Ecco dunque il suo racconto sull’Ultramaratona. Buona lettura.
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L’arrivo all’isola di Boa Vista è stato come tanti altri arrivi di preludio ad un’impresa sognata e faticata.
Si ritrovano amici di altre gare e si fanno nuove conoscenze, nel giro di qualche ora sembra di vivere in un enorme "Grande Fratello" dove si incontrano i personaggi più disparati ma la differenza rispetto alla televisione è che qui non c’è nessun copione: sono tutti reali!
I miei primi incontri sono con Patrick, un francese 53enne che è un fascio di nervi, e Beppe, una specie di "assaltatore" milanese; poi ritrovo Luigi dal Sahara e incontro Stefano "l’orsetto" architetto, Raffaella e Silvia, due medici, Flavio il commerciale, Angelo dalla barba apostolica, Gianfranco sagace giornalista e Patrizia, l’esaltata "San Francesco podista". Insomma un gruppo molto eterogeneo e, forse, tra i più normali di tutto lo squadrone dei corridori. E qui potremmo aprire un dibattito su cosa sia la normalità…
I giorni che precedono la corsa sono caratterizzati da finta calma e tanta allegria, complici i miei pantaloni dai colori assurdi, l’atmosfera vacanziera che si respira sull’isola e dall’incredulo stare ammollo nell’oceano caldo quando poche ore prima eravamo sotto la neve.
Ma le ore scorrono e la partenza si avvicina.
Il giorno prima della gara inizia la fine di tutto… avevo pensato a qualunque cosa potesse succedermi: avevo medicinali vari, filo da sutura, cibo in abbondanza, attrezzatura podistica ottimizzata, ma l’imprevisto è tale per definizione. Ero pronto ad affrontare qualsiasi cosa, mi sentivo forte e sicuro, ma prima o poi si trova sempre qualcuno più grosso di noi.
Mi sveglio il venerdì mattina e mi scontro con problemi intestinali… nooooo!!! Una disgrazia. Cerco di correre ai ripari sia con l’alimentazione che con l’aiuto della chimica farmeceutica e sembra che la situazione sia rimediata, ma….
Sabato mattina alle ore 5 suona la sveglia: colazione abbondante, le ultime battute coi compagni di avventura e le prime defezioni; dei 43 iscritti già 5 devono abbandonare, tutti per problemi fisici.
L’attesa dello start questa volta è breve, ci sono gli incitamenti, gli auguri, le speranze di chi per mesi e mesi ha fatto sacrifici, sottraendo tempo ad altre priorità per giocarsi tutto in un po’ di ore e migliaia di passi sotto il sole impietoso e le stelle lontane. Parte l’applauso che scandisce gli ultimi secondi… via: la Boa Vista Ultramarathon è iniziata.
Parto piano, come da tattica, non ho fretta e mi sento sicuro. Arrivo ai primi due check point nel tempo che mi ero prefissato, il meteo è clemente perchè il sole è coperto: sto bene. Al secondo check point Stefano ci abbandona, anche lui vittima del suo intestino. Proseguo con Flavio, timoroso, inesperto e scalpitante.
Poco dopo il 15esimo chilometro l’inizio della fine: i dolori intestinali ricominciano improvvisamente e a nulla servono i medicinali; vado fino al 18esimo e poi le gambe mi abbandonano; tengo duro e provo a spingere, ma più cerco di andare avanti e piu mi sembra di rallentare. I chilometri passano lenti e nessun cambio di passo mi dà sollievo; intanto mi sembra che qualcuno si diverta a fare nodi marinareschi col mio stomaco.
Verso il 25esimo chilometro impongo a Flavio di andare via e fare la sua gara; so che se il fisico mi assiste posso arrivare da solo e non sarebbe la prima volta, perché non ho mai avuto "problemi di testa". Dopo un po’ di insistenza Flavio si convince ad andare: un paio di sinceri scambi di incitamento e un incrocio di sguardi che non necessita di commento.
Verso le sei di sera sono solo ad approcciare la lunga spiaggia di Santa Monica, un paradiso per i bagnanti e un inferno per me. Le gambe sono sempre più pesanti, lo stomaco chiuso non mi permette ne’ di bere ne’ mangiare, mi vedo come un indicatore di carburante dove in un attimo la lancetta è andata sotto la riserva; la testa è ancora presente e, forse, grazie a questo sceglierò per il meglio. Lungo spiaggia vedo un fenomeno mai visto: migliaia di granchi che escono dalle loro tane nella sabbia e veloci e goffi si buttano in mare, mentre altre migliaia fanno la strada al contrario: solo questa vista vale l’impresa.
Arrivo dopo 3 ore al sesto check point, il medico mi guarda in faccia e mi dice «sei veramente brutto!» (forse intendeva dire che lo ero più del normale). Quella "bestia" dell’organizzatore fa di tutto per farmi mollare e questo quasi mi convince ad andare avanti; i dolori di stomaco sfociano in un poderoso rutto davanti alla dottoressa la quale mi dice: «tu così non vai avanti», l’idea di mollare, cosa per me inesistente, fa capolino dalla porta della razionalità. L’organizzatore mi fa un ragionamento che più o meno suonava così: «il vero uomo agisce di istinto e va avanti, chi pensa non è un vero uomo». Gli occhi mi si accendono, slaccio gli spallacci: «Ok, portatemi in albergo».
Bene, ho perso la scommessa e il 23 sera all’oratorio di Casbeno, a partire dalle 21, potrete vedere le foto delle mie gare e offrirò da bere a tutti coloro che ci saranno e che vorranno aiutarmi nell’impresa più importante, aiutare chi ha bisogno. Grazie a tutti per il sostegno.
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