Gallina: “Sono nati tre teatri, ma si perde la cultura dello spettacolo dal vivo”
Il direttore della Fondazione culturale di Gallarate Adriano Gallina fa il punto degli ultimi dieci anni di Teatro a Varese
Il decennio si caratterizza per due importanti novità: a fine 2001 nasce a Varese il Teatro Apollonio e – cinque anni dopo – a Gallarate vengono ristrutturati i due storici edifici del Teatro del Popolo e del Teatro Condominio, che verrà dedicato a Vittorio Gassman.
Due scelte, e due vocazioni, simili e al contempo sostanzialmente differenti: se nel capoluogo l’Apollonio si configura, sostanzialmente, come un teatro privato, fortemente e necessariamente orientato al mercato, a Gallarate l’amministrazione comunale affida la gestione complessiva dei teatri ad una Fondazione Culturale – costituita, partecipata pubblicamente e finanziata ad hoc per rendere più agile la macchina operativa, garantendo al contempo la tutela di una fisionomia e funzione pubblica (e quindi, almeno parzialmente, sganciata dalle strette logiche commerciali) della programmazione.
In un caso come nell’altro, la provincia assiste ad una vera e propria mutazione quantitativa e qualitativa dell’offerta territoriale di spettacolo dal vivo: Varese passa dalla quindicina di appuntamenti di Prosa e Musica degli anni ’90 – solo a tratti intervallati dai concerti al Palazzetto – all’ottantina (o poco meno) di proposte multidisciplinari che caratterizzano il contesto attuale. Analogamente: la Gallarate che, dal 1967, si affidava fondamentalmente "solo" alla straordinaria stagione di Prosa del Teatro delle Arti si trova improvvisamente di fronte ad un’offerta, almeno inizialmente, quasi quotidiana ed in grado di ospitare il meglio del panorama nazionale ed internazionale. Una rinnovata vitalità che si accompagna significativamente – sia detto soprattutto in questa difficilissima conclusione di decennio – ad una sostanziale tenuta della partecipazione del pubblico. Un decennio che, tuttavia, pare anche a contraltare caratterizzarsi – in piena sintonia con "lo spirito del tempo" – per un progressivo affievolirsi di quel che potremmo definire "orizzonte culturale" dello spettacolo dal vivo: sempre più declinato secondo la logica dello svago e dell’organizzazione del tempo libero e sempre meno lungo il crinale del pensiero e della riflessione di una comunità su se stessa attraverso quel che accade in scena.
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