Le primarie del Pd e la paura dell’autogol

Il caso Milano mostra come il partito rischi di farsi del male se gestisce male lo strumento allargato alla coalizione ma le idee sul punto non sono tutte chiare e concordanti

Il Pd riflette sulle sue scelte, con una interessante serata al collegio De Filippi, nella quale gli esperti di Termometro Politico hanno spiegato che cosa sia accaduto alle primarie di Milano. Partiamo da numeri e dalla composizione sociale. Su 67mila votanti, il 51% era laureato e solo il 10% era costituito da operai, casalinghe e disoccupati. Una composizione ben diversa rispetto a quanto riscontrato nella popolazione italiana, dove il 50% della popolazione ha licenza elementare e media. La deduzione logica è che entro il perimetro del centrosinistra di usano linguaggi che probabilmente non saranno utilizzabili per conquistare poi la maggioranza degli italiani. 

I votanti delle primarie sono perlopiù pensionati e impiegati. Dalle interviste e’ risultato che la scelta per Pisapia è stata sulla base della competenza del candidato. Secondo gli esperti ha nuociuto a Boeri un giudizio negativo sull’expo in virtù della ruolo professionale avuto dallo stesso Boeri. 
Un altro dato curioso e’ che gli under 30 hanno scelto al 50% Pisapia, ma Boeri stranamente ha fatto presa tra gli over 65 e cioè tra i pensionati. Il voto per sesso ha visto una parità tra gli uomini mentre le donne hanno scelto nettamente Pisapia, i maschi hanno cioè scelto novità ed energia le donne onesta’ e competenza (categorie fissate dagli intervistatori e proposte agli elettori). Gli esperti dicono che in generale il Pd non sfonda tra le donne. In sala qualcuno osserva che é un problema di "uomini" ma é solo una battuta. Gli elettori erano al 50% del Pd, ma tra questi un terzo ha "tradito" e votato Pisapia. Si sono ribellati ai dirigenti.

L’analisi che ne trae Termometro Politico é che per vincere le primarie al Pd basti mobilitare i propri elettori, anche tenendo conto del grande calo di affluenza, ma chiedendo prima alla base che cosa vuole per evitare autogol. Analisi secche e che danno indicazioni serie commentate poi dai consiglieri regionali Pippo Civati, Alessandro Alfieri, Stefano Tosi. Civati ricorda che queste cose Berlusconi le fa dal 94 e che anche la sinistra usando la tecnologia a costi bassi deve attrezzarsi. Alfieri ricorda che il focus conferma che il Pd e’ troppo debole sui ceti popolari, forse per la mancanza di messaggi semplici e chiari. E la vittoria di Boeri tra i pensionati? Merito della vecchia disciplina di partito. Tutti elementi che dicono come il Pd non sia ancora percepito come innovativo, e sconti un ritardo nella capacitá di elaborare un progetto nuovo e originale.

Secondo Civati bisogna ritornare a fare del marketing politico ma da associare a una vera rappresentanza politica, e qui ammette che Boeri in questo campo era impalpabile. Rimane decisivo capire quali punti nevralgici colpire piuttosto che insistere su categorie troppo iperpoliticiste. Stefano Tosi invece osserva che le primarie di coalizione sono un problema. Per vincerle bisogna esser anche un po’ cattivi, ma come si può esserlo se poi si deve tutti insieme correre? Boeri ha fatto il buonista ma la scelta lo ha danneggiato. Ha rinunciato ad esempio a un argomento decisivo ovvero che Pisapia era di Rifondazione e fece cadere il governo Prodi nel 98. Se lo avesse fatto avrebbe destabilizzato l’avversario, ma avrebbe anche lacerato la coalizione.  Tosi conclude che puntare sui nomi e’ come un notabilato dell’Ottocento e la diminuzione di votanti  alle primarie lo dimostra. Secondo l’ex segretario si doveva radicare Boeri come simbolo della nuova sfida riformista del Pd facendogli aprire l’assemblea nazionale di Busto Arsizio.

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Pubblicato il 03 Dicembre 2010
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