Colpi di scena nel processo a Caianiello
L'ex-presidente di Amsc è accusato di aver usato il telefono aziendale per chiamate personali. L'ammontare delle chiamate scende da 5 mila e 900 euro ma sorgono dubbi sul documento che proverebbe che il telefonino era un benefit
Serie di colpi di scena in aula questa mattina durante l’udienza del processo a carico di Gioacchino Caianiello accusato di peculato dal pubblico ministero Roberto Pirro Balatto per aver utilizzato indebitamente il telefonino in dotazione come presidente dell’Amsc tra il 2007 e il 2009. Il primo colpo di scena è a favore della difesa: l’ammontare delle telefonate "private" effettuate con il telefono aziendale si riduce dai circa 5000 euro iniziali a poco più di 900 euro. E’ stato lo stesso pm a riquantificare il costo delle telefonate e videochiamate fatte da Caianiello all’utenza della sua amante.
Il secondo colpo di scena è stata la decisione finale da parte del presidente del collegio giudicante Toni Adet Novik di predisporre una perquisizione nell’ufficio personale della sede di via Aleardi dell’Amsc da parte della Guardia di Finanza di Gallarate per reperire il cosiddetto "allegato 1", ovvero il documento a firma dell’allora direttore generale Ernesto Fornara nel quale si autorizzava l’uso del telefono come "fringe benefit". Facile intuire che il documento sia stato trovato. Il giudice, infatti, a margine dell’interrogatorio condotto dal pubblico ministero e del controesame della difesa rappresentata dall’avvocato Stefano Besani, ha messo apertamente in dubbio l’originalità della firma da parte di Fornara sottolineando che la sigla apposta in calce al documento è visibilmente diversa da quella apposta su altri documenti di quel periodo (si parla del 2001).
Ad allora, infatti, risalirebbe l’allegato 1 nel quale si concede il telefono come benefit a Nino Caianiello, come più volte ribadito dalla difesa che, intorno ad esso, ha costruito la linea difensiva. Il dubbio espresso da Novik sull’autenticità di quella firma riguarda più che altro la possibilità che si tratti di un foglio ben più recente del 2001, prodotto ad arte per creare una pezza giustificativa all’uso privato del telefono aziendale. Negli anni, infatti, la firma di una persona subisce dei cambiamenti, pur rimanendo simile. Supposizioni a parte resta il dubbio intorno a tutta questa vicenda, confermato dalle parole del maresciallo della Guardia di Finanza Giovanni Antico, tra i testi dell’accusa. Proprio lui avrebbe sottolineato come sul certificato dei compensi mensili intestato a Caianiello appaia l’auto di servizio alla voce "fringe benefit" e non il telefonino.
Lo stesso ex-direttore di Amsc Fornara non ha chiarito del tutto se il telefonino possa essere considerato tale e nel suo racconto è partito dagli anni ’70 e ’80 quando Amsc pagava le bollette telefoniche private dei propri dipendenti «perchè – racconta ai giudici – dovevano essere sempre disponibili e quindi capitava di fare telefonate di lavoro anche da casa». Nella lunga digressione storica, giunto ai giorni nostri, ha asserito anche che i presidenti che hanno preceduto Caianiello (Laplaca e Massironi, testi della difesa alla prossima udienza) avrebbero ricevuto anche loro un documento simile nel quale si elencavano le disposizioni d’uso del cellulare di cui erano stati dotati.
In aula ha testimoniato anche il maresciallo dei Carabinieri di Saronno Salvatore Carrà che ha raccontato com’è nata l’inchiesta. Tutto sarebbe partito dall’ascolto di una telefonata fatta da Caianiello all’allora capo dell’ufficio tecnico Gigi Bossi, intercettato nell’ambito dell’indagine Lolita: in quella telefonata il coordinatore provinciale del Pdl faceva pressioni sul dirigente dell’urbanistica perchè accordasse una ulteriore proroga dei termini ad un suo conoscente. Da qui gli inquirenti hanno verificato che il numero dal quale chiamava Caianiello era intestato ad Amsc. Il maresciallo ha anche ricordato che il contenuto delle telefonate private contestate sono "a carattere del tutto intimo, in alcuni casi anche sconvenienti".
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