Mario Alesini, un campione dimenticato troppo in fretta

Il suo passaggio alla Virtus Bologna provocò la rabbia dei tifosi che lo accusaroni di tradimento. Su di lui in città scese il silenzio fino alla morte, avvenuta nel 2001

Intere comunità, anche nazionali, si identificano in un loro campione dello sport. Questo legame, questo amore sono intensi e ricambiati anche oggi in tempi di globalizzazione e di professionismo sportivo esasperato, ma ogni tanto affiorano, sia tra i cittadini sia tra gli atleti, segnali di attenuazione del valore dell’appartenenza. Non si può dire che le intransigenze da "campanile" stiano andando in soffitta, ma dobbiamo prendere atto della nuova tendenza se guardiamo come aumentino e si accettino i "tradimenti". Leonardo, un grande ex come giocatore, dirigente e allenatore del Milan, tranquillamente si è seduto sulla panchina dell’Inter e in pratica non è successo nulla. Leonardo non aveva vincoli, era libero di passare sull’altra sponda del Naviglio. Un passaggio del resto fatto nei due sensi da molti giocatori nell’arco di decenni, consenzienti le due società.

Non ci furono problemi anche quando Guido Borghi vendette Dino Meneghin al basket milanese del quale divenne bandiera dopo aver già vinto tutto a Varese. Qualche anno prima Giovanni Borghi aveva acquistato Vittori nella… "boutique" di Milano e Paolo avrebbe contribuito agli indimenticabili trionfi della Ignis, confermandosi tra l’altro il più completo cestista di sempre in campo nazionale avendo giocato benissimo in tutti i ruoli. Negli Anni 50 e inizio Anni 60 le grandi del campionato di basket davano via libera al trasferimento al "nemico" solamente di giocatori a fine carriera, inoltre non si poteva fare assolutamente mercato senza il consenso delle parti in causa, cioè società e atleti. Regole che vennero violate dando vita a brutte storie. Restando sempre al basket occorre ricordare che le società più potenti per rafforzarsi "pescavano" in provincia allettando i giocatori con prebende, posti di lavoro e soprattutto il miraggio di scudetti e convocazioni in nazionale.
mario alesiniVarese venne presa di mira due volte: infatti la Virtus Bologna e il Simmenthal Milano, squadre da sempre dominatrici in Italia, soffiarono alla Pallacanestro Varese due splendidi giocatori come Mario Alesini e Gabriele Vianello. La nostra società davanti al "tradimento" in entrambi i casi tenne duro e ottenne dalla federazione il massimo che prevedeva il regolamento: il fermo per un anno dei due atleti. Vianello era veneziano e aveva appena dato un grande contributo alla conquista del primo scudetto, Mario Alesini invece era un varesino doc e dopo lo straordinario Aldo Ossola può essere considerato il più forte varesino di ogni epoca, considerando che Dino Meneghin, portato da ragazzino al basket da Nico Messina, è nato ad Alano di Piave. Si trattò di due veri scandali, il passaggio di Alesini alla Virtus colpì profondamente l’intera città che si sentì tradita da un figlio, ma per Vianello sul piano sportivo ci fu autentico furore popolare contro Milano perché aveva scippato a Varese uno dei giocatori protagonisti della fresca conquista del primo titolo tricolore.

Vianello quando veniva a Varese con la maglia del Simmenthal era fischiato dal pubblico, con Alesini le cose andarono diversamente: dopo i fischi alla sua prima apparizione a squalifica scontata, nei suoi confronti calò il gelo assoluto. Ai ritorni a Varese come giocatore e, per tre anni, come allenatore, fu semplicemente ignorato. Da tutti. Una scomunica continuata nel tempo, una terribile indifferenza alla quale in qualche misura collaborò anche la stampa locale ormai ben più attenta al fenomeno Ignis. Mario Alesini era figlio della buona borghesia varesina, l’azienda paterna era riferimento nel settore mobili, suo padre era consigliere della Pallacanestro Varese nella quale Mario, 191 centimetri di intelligenza e muscoli, era un eccezionale punto di riferimento, come anche in nazionale. Non per soldi, ma per prospettive di carriera sportiva e per seguire Vittorio Tracuzzi, genio degli allenatori, che lasciava Varese per Bologna, Alesini se ne andò. Fu un grande trauma per tutti, Mario era anche l’idolo dei tifosi. Il padre dovette lasciare la Pallacanestro Varese che, si era nel 1954, per il campionato successivo avrebbe avuto il suo primo abbinamento, ma obiettivamente non era formazione di elevato profilo. A Bologna Mario Alesini vinse un solo scudetto, ma ebbe la soddisfazione di disputare le Olimpiadi di Roma con la nazionale. Vinse soprattutto come uomo: affidandoci a chi a Bologna lo ha conosciuto bene e, attraverso i suoi siti internet, alla Virtus che lo ha avuto come giocatore e tecnico, oggi vorremmo recuperarlo, sia pure parzialmente, alla memoria di tanti appassionati e alla storia della pallacanestro varesina. Ne è degno.

Roma 1960 – Quando l’Italia scoprì i giganti americani

La pagina dedicata ad Alesini su Virtuspedia

Alesini raccontato da Gianni Corsolini

Alesini raccontato da Mara Corsolini

Mario Alesini (Varese, 17/1/1931 – Bologna, 2/8/2001)
Ruolo: ala
Altezza: 1,91
Squadre di club: Pall. Varese (1950/54), Virtus Bologna (1955/65)
Da allenatore: Virtus Bologna (1963/66).
Palmares: 1 scudetto (55/56)
In Nazionale: 82 presenze, 802 punti. 
Tornei internazionali disputati: 1 Olimpiade (1960), 3 Europei (1953, ’57, ’59).

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Pubblicato il 10 Febbraio 2011
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