Il sostegno logistico a chi attaccherà la Libia è un atto di guerra
Di Pier Fausto Vedani
Le alleanze comportano degli obblighi e l’Italia dovrà mettere a disposizioni le sue basi agli aerei USA, inglesi e canadesi che si leveranno in volo per contrastare i raid libici sulla Cirenaica.
I nostri cacciabombardieri resteranno invece a terra perché per varie e ottime ragioni si è deciso di non partecipare a dirette azioni di guerra per contrastare Gheddafi. Tra i motivi della saggia astensione non sono stati citati i nostri pessimi precedenti colonialistici: risalgono al governo Giolitti che portò morte, sofferenze e privazionie della libertà alle popolazioni della Tripolitania e della Cirenaica, agli inizi dagli Anni 10 del Novecento soggette alla Turchia.
Secondo Angelo Del Boca, studioso delle nostre guerre d’Africa, il dominio italiano in Libia tra il 1911 e il 1932 costò la vita a 100 mila persone, vittime di stragi e deportazioni, le nostre truppe subirono pure cocenti sconfitte.
Che questa volta non si vada a bombardare obiettivi militari e ad abbattere aerei libici è già un successo se consideriamo che il nostro Paese sotto l’egida della Nato e, se non erro con D’Alema primo ministro, ai tempi dell’attacco al regime serbo aveva scatenato i suoi Tornado che fecero danni incalcolabili e vittime. Di quei giorni non abbiamo memoria, ma in Serbia se li ricordano bene e dopo tanti anni non sono ancora disposti al perdono.
Oggi diamo le basi e non gli aerei per fermare Gheddafi, ma nessuno può prevedere e prevenire eventuali folli reazioni del dittatore libico. Anche il sostegno logistico a chi attaccherà la Libia è un atto di guerra. Cioè in qualche misura dopo un secolo riportiamo la morte sul “ bel suol d’amore”.
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