Tessile, la ripresa che viene dall’export
Assemblea alla LIUC per gli imprenditori del settore: la crescita c’è, ma con diversi fattori di rischio. Anna Gervasoni (AIFI): “La rete d’impresa può essere lo strumento per uscire dalla crisi”
Ripresa all’orizzonte per il tessile varesino, anche se la strada è ancora lunga e accidentata. Tutto sommato confortante il quadro tracciato dagli imprenditori dell’Unione degli Industriali nel corso dell’assemblea congiunta dei gruppi merceologici “Tessiture e filature”, “Tintorie, stamperie e finissaggi tessili”, “Maglie-calze, abbigliamento e calzature”, tenutasi oggi alla LIUC di Castellanza. I dati disponibili parlano di una realtà consolidata che, malgrado tutte le difficoltà incontrate negli ultimi anni, continua a rappresentare uno dei principali volani della nostra economia: l’Italia, infatti, si posiziona al secondo posto su scala mondiale nella produzione del settore tessile e manifatturiero.
Se poi si guarda al territorio varesino, emergono altri dati significativi: nel 2010 le esportazioni sono cresciute del 14,8% rispetto all’anno precedente, attestandosi su un valore complessivo di 756,7 milioni di euro (erano 794 milioni nel 2008, prima della grande crisi). Inoltre, le aziende del settore hanno fatto sempre meno ricorso alla cassa integrazione: in un anno quella ordinaria è calata del 39%, quella straordinaria del 43%, mentre il numero delle procedure di mobilità è sceso del 10%. Progressi sottolineati nell’intervento di Anna Gervasoni, docente di Economia e Gestione delle Imprese alla LIUC e Direttore generale dell’AIFI (Associazione italiana del private equity e venture capital) oltre che consigliere del Fondo Italiano di Investimento: “Il settore tiene ed è ancora un pezzo di economia molto importante. È vero che le imprese devono crescere e internazionalizzarsi, ma molte aziende del territorio hanno già affrontato e risolto questo problema. Certo, la ripresa è a macchia di leopardo: chi ha saputo espandersi all’estero e innovarsi è tornato a crescere, chi invece si è chiuso sulla lavorazione tradizionale e può contare solo sul mercato interno fa molta più fatica”. Cinque, secondo la Gervasoni, i principali ostacoli allo sviluppo delle imprese italiane: ridotta dimensione aziendale, mancanza di ricambio generazionale, sottocapitalizzazione, scarsa internazionalizzazione e poca propensione all’innovazione.
Problemi che possono essere superati anche grazie a un nuovo strumento, la rete d’impresa, argomento centrale del dibattito tenutosi alla LIUC. «Le aggregazioni tra aziende – spiega Anna Gervasoni – possono servire a raggiungere diversi obiettivi: da una parte fare ricerca e sviluppo, acquisire brevetti e migliorare i processi produttivi, dall’altra mettere in comune servizi di ogni tipo, dall’amministrazione alla manutenzione, fino alla gestione delle risorse umane». Una possibilità che finora in provincia di Varese è stata sfruttata solo nell’ambito delle infrastrutture con la nascita di Infrabuild, rete di 10 aziende che spaziano dall’ingegneria alla produzione dei materiali; per il settore tessile si tratta di un’assoluta novità, molto appetibile anche per la fiscalità agevolata che comporta (sostanzialmente è prevista la sospensione di imposta per la quota di utile dell’impresa che viene destinato alla rete) e che ha ricevuto recentemente l’approvazione dell’Unione Europea.
Importante, per chi invece vuole investire in proprio, anche il ruolo dei finanziamenti privati: “Al momento – dice Anna Gervasoni – sul mercato ci sono 85 operatori di Mid Market che possono intervenire con aumenti di capitale, per un totale di 5,2 miliardi a disposizione delle imprese. Sottolineo che il 76% degli interventi sono effettuati su aziende di piccole e medie dimensioni”. Tra i soggetti attivi c’è anche il Fondo Italiano d’Investimento, la cui prima operazione in assoluto si è svolta proprio in provincia di Varese, presso l’impresa Arioli Spa di Gerenzano.
Positiva, anche se improntata a grande prudenza, la relazione finale dei tre presidenti dei gruppi merceologici che insieme riuniscono 293 imprese e 8925 addetti: Remo Mazzetti, Michele Ferrario e Giovanni Salvati parlano di “deboli stimoli di ripresa”, che rischiano però di essere vanificati da una serie di fattori di rischio come la carenza di materia prima, l’aumento dei prezzi di cotone, seta e lana, l’allungamento nei tempi di incasso e la difficoltà nel recupero crediti, oltre all’estrema cautela dimostrata dalle banche nel supporto alle imprese.
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