Giovanni Gentile in visita a Varese. Nel 1929
Il ministro visitò la mostra didattica del fascismo, la prima del genere in Italia. Venne allestita alle Scuole elementari «Alessandro Manzoni», all’epoca in via Sacco
«Sono lieto di aver visitato questa Mostra didattica del fascismo magnifica dimostrazione del patriottismo del corpo insegnante di questa provincia e della loro viva passione di maestri per la scuola e per la scuola della nuova Italia che nella scuola si deve rinnovare e si rinnova nel nome di Benito Mussolini. Viva Varese!»
Con queste parole Giovanni Gentile si congedò dalla Mostra didattica del fascismo, che, primo esempio del genere in Italia, ebbe luogo nel capoluogo lombardo dal 28 giugno al 10 agosto del 1929, presso il palazzo delle Scuole elementari «Alessandro Manzoni», all’epoca in via Sacco. Esiste una bella foto che ritrae l’imponente filosofo circondato dalle autorità nei locali della mostra.
Per inaugurarla era giunto dall’Università di Pavia il professor Arrigo Solmi, illustre storico del diritto, che di lì a poco, nel 1932, sarebbe diventato sottosegretario al ministero dell’Educazione nazionale. Anche lui, come altri illustri protagonisti della cultura italiana, aveva sottoscritto il Manifesto degli intellettuali fascisti del 1925, di cui Gentile fu il primo firmatario.
Gentile, in verità, era arrivato a Varese il 1° luglio per inaugurare l’Istituto di Cultura medica, ma, come ex ministro della Pubblica istruzione (diresse il dicastero dal 1922 al 1924), non poté trascurare questa particolarissima mostra varesina, il cui obiettivo era quello di documentare «tutto il miracolo che la scuola può compiere, quando sia animata dall’idea altamente educativa del fascismo». Almeno così si espresse il professor Solmi nel suo discorso inaugurale.
La mostra era stata organizzata dal Comitato provinciale dell’Opera nazionale balilla. Vi parteciparono 800 classi e i lavori selezionati (tra i moltissimi pervenuti) occuparono 22 sale. La valutazione dei lavori fu affidata ad una commissione costituita da Solmi, in qualità di presidente, da Guido Marpillero, all’epoca preside del Liceo «Beccaria» di Milano, dal professore Dante Broglio, della scuola elementare «Paolo Frisi» di Milano, dal professor Antonio Bianchessi, regio ispettore scolastico di Pavia, e dal professore Andrea De Ritis, regio ispettore scolastico di Milano.
Nella lunga relazione conclusiva (quasi novanta pagine a stampa), si legge: «Si deve uscire dal generico, dall’indeterminato e dall’amore della patria passare all’amore della patria fascista, dalla formazione dell’uomo e del cittadino a quella dell’uomo nuovo italiano voluto e delineato dal duce, del cittadino fascista e dalla scuola indirettamente politica, alla scuola direttamente politica e di politica fascista».
Ancora in una lunga circolare del Regio provveditorato agli studi della Lombardia, del dicembre del 1932, si legge che «La prima Mostra didattica del fascismo, tenutasi a Varese nel 1929, provò praticamente e chiaramente che, dalle classi elementari all’ultima classe d’una scuola media superiore, può il fascismo diventare elemento di concentrazione per tutte le materie d’insegnamento d’ogni classe, e che, per onde concentriche sempre più estese in superficie e in profondità, il fascismo può e deve improntare di sé tutta la vita spirituale degli scolari dai sei ai diciotto anni».
La scuola, evidentemente, era considerata uno strumento privilegiato per la realizzazione del progetto di Stato totalitario inseguito dal fascismo. E al quale Giovanni Gentile offrì il più significativo e autorevole puntello teorico. Con la stesura, ad esempio, della voce Fascismo redatta per l’Enciclopedia italiana (vol. XIV, 1932) e scritta con la supervisione dello stesso Mussolini, che figurò poi come unico autore. Qui, tra l’altro, si legge la celebre formulazione: «per il fascista, tutto è nello Stato, e nulla di umano, o spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello Stato. In tal senso, il fascismo è totalitario».
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