Rompiamo l’isolamento di chi soffre d’autismo
Presentato Raymond, innovativo progetto che coinvolgerà 10 tra adolescenti e adulti affetti da autismo seguiti dal Dipartimento di Salute mentale dell'ospedale Sant'Anna
Un colpo di piccone al muro che isola il paziente affetto da autismo. E’ pronto a sferrarlo il progetto “Raymond”, dal nome del personaggio interpretato da Dustin Hoffman nel film “Rain Man” (regia di Barry Levinson, 1988), messo a punto dall’associazione Costruire onlus e dal Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Ospedaliera “Ospedale Sant’Anna” di Como e dalla Neuropsichiatria dell’Ao.
L’iniziativa, che coinvolgerà dieci giovani pazienti con lo scopo di svilupparne la socializzazione e l’interazione con l’ambiente, è stata presentata stamattina all’ospedale di San Fermo della Battaglia alla presenza del direttore sanitario Giuseppe Brazzoli, del direttore del Dsm Claudio Cetti, della presidente dell’associazione Nicoletta Sanguinetti, di don Angelo Gasparro della cooperativa San Giuseppe e del referente istituzionale del progetto il neuropsichiatra Nicola Molteni, responsabile del Centro Psico-sociale di Como.
A disposizione dei ragazzi affetti da autismo e sindromi correlate l’Azienda ha deciso di mettere a disposizione alcuni locali dell’ex ospedale psichiatrico San Martino dove potranno essere realizzate, partendo dalla personalizzazione della terapia, tutte quelle attività individuali o di gruppo che, secondo il modello riabilitativo educativo “clinico-pedagogico”, possano aiutare a creare una relazione con la realtà favorendo così l’integrazione sociale dei giovani autistici.
«Con questo progetto – ha sottolineato il direttore del Dsm Claudio Cetti -, il primo del genere a livello nazionale, grazie al coinvolgimento del Dipartimento e dell’associazione Costruire, ma anche dell’Asl che ci aiuterà a individuare i destinatari nell’ottica di una rete a sostegno dell’autismo, andremo incontro alle necessità dei giovani adolescenti che transitano nell’età adultà e alle loro famiglie offrendo un’importante occasione di integrazione sociale».
Infatti, pur in presenza di un disturbo di relazione, che caratterizza la patologia, non è detto che non vi sia un desiderio di partecipare alla vita quotidiana: «Il progetto – ha aggiunto Sanguinetti – cercherà di valorizzare quegli elementi potenziali che possono aiutare i nostri ragazzi a entrare in contatto con un mondo di esperienze che altrimenti sarebbero loro negate».
Fondamentale la personalizzazione del percorso riabilitativo: «Anche se presente una disarmonia dello sviluppo, si partirà da un approccio clinico-pedagogico che considera la persona autistica come soggetto attivo e che si può integrare grazie a un’alleanza terapeutica ed educativa tra i vari promotori dell’iniziativa in cui le famiglie hanno un ruolo fondamentale», ha spiegato Molteni. «E’ importante anche sostenere le famiglie nel passaggio del paziente dall’età giovanile all’età adulta incentivando la presa in carico dando avvio a un progetto ad alta integrazione socio-sanitaria. Obiettivo: assicurare alle famiglie un supporto professionale sia di tipo diagnostico sanitario sia di tipo socio educativo che accompagni la persona autistica e la sua famiglia per tutta la vita», ha concluso Molteni.
L’associazione Costruire ha collaborato oltre che con l’Ao comasca anche con il dottor Maurizio Brighenti, uno dei pionieri degli studi in materia, direttore del Dipartimento di Neuropsichiatria Infantile dell’Usl 20 di Verona, che ha stilato il progetto.
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