Se il media è troppo “social” non fa bene al dottore
Responsabile del laboratorio di Informatica medica al Mario Negri di Milano, il dottor Santoro promuove la condivisione che permette il web, ma le discussioni devono rimanere private
Sociali sì, ma riservati. Nel campo medico, l’avvento della tecnologia e del web ha portato vantaggi indubbi anche alla professione, ma la pubblicità di notizie e pareri di esperti non può arrivare nelle piazze virtuali. Lo ha raccontato espressamente il dottor Eugenio Santoro, responsabile del laboratorio di Informatica medica dell’Istituto di Ricerche mediche Mario Negri di Milano, intervenendo a un incontro organizzato dall’azienda ospedaliera di Como dal titolo "Twitter, Facebook, Youtube come strumenti di aggiornamento, formazione e ricerca".
« Questi strumenti – spiega il dottor Santoro – sono sempre più impiegati da società scientifiche, riviste mediche, specialisti ma anche organizzazioni mondiali come l’OMS o il Centro di controllo delle malattie americano, per scambiarsi informazioni, pareri, punti di vista ed elevare il dibattito scientifico. Si tratta di risorse, sempre in espansione, messe a disposizione dal web anche per la medicina. I saperi, così, viaggiano a velocità superiori e si diffondono meglio».
Facebook diventa un mezzo potentissimo dove reperire aggiornamenti e informazioni, ma il chiacchiericcio che si sviluppa non garantisce la scientificità: «Persino le comunità di pazienti cercano ambiti chiusi, dove trovare assistenza e condivisione ma anche partecipazione. Anche in questo caso, la strada è stata aperta dai paesi anglosassoni, dove si è sviluppato il sito “Patient like me”. Si ritrovano persone affette, in genere, da malattie neurologiche che si confrontano, si consigliano ma si mettono anche a disposizione della ricerca. Qui è possibile attingere dati per indagini e ricerche, con un bacino di riferimento preciso e diffuso».
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