Carla Mari: “La mia vita con le mani di un’altra”
L'articolo "di copertina" del giornale del Comitato Stefano Verri è una testimonianza importante: quella della donna di Gorla Minore protagonista del primo trapianto italiano di mani, a tre anni dall'operazione
L’articolo "di copertina"sul più recente numero del giornale del Comitato Stefano Verri, onlus varesina per favorire lo studio delle leucemie, è una testimonianza importante: quella di Carla Mari, la donna di Gorla Minore protagonista del primo trapianto italiano di mani, che racconta la sua esperienza di vita a tre anni dall’operazione.
E lo fa nella newsletter dell’associazione (qui la sua versione Pdf) che, finanziando il laboratorio di terapia cellulare e genica"Stefano Verri" all’ospedale san Gerardo di Monza, che ha trattato, moltiplicato e conservato le cellule poi utilizzate nel trapianto, l’ha di fatto reso possibile. Un lavoro complesso, dove oltre alla straordinaria capacità e coraggio dei chirurghi, è stato fondamentale anche il lavoro "dietro le quinte" del laboratorio che tanti varesini, con la generosità concessa al comitato, finanziano.
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Ecco il testo completo della testimonianza
gennaio 2010
“… domani mi faranno il prelievo di midollo, per preparare queste “cellule staminali” prima dell’intervento e della somministrazione dei farmaci immunosoppressori.
Non voglio farmi troppe domande, più o meno ho capito, saranno come un mio libretto di risparmio, in caso di rigetto, e anche per tenere al minimo la terapia… ho un po’ paura, ho letto che dopo si sente un po’ di male, ma è l’ultimo step, poi se tutto proseguirà bene, come finora, entrerò in lista d’attesa…
… fatto, non ho sentito quasi niente, non ho dolore, già prima di sera posso tornare a casa.
… e adesso, aspettiamo…”
11 ottobre 2010
… sta suonando il cellulare… sono quasi le otto di sera, guardo verso la porta, Giovanni sta venendo verso di me, ha il telefono in mano, le sue mani tremano, è pallido, dice “no, no, è qui, gliela passo…”
Sento un brivido, mi batte il cuore. È lui, il dr. Del Bene, è arrivato il momento.
“Sei pronta ? c’è ancora un po’ di tempo, ma preparati, ti mando a prendere dall’auto medica… “
Non capisco più, non sento più cosa sta dicendo, mi gira la testa…
Stai calma, riprenditi, ormai sono due anni che ti stai preparando a questo momento, si ma non ci hai mai pensato troppo, come al solito “quando sarà il momento…”
Eccolo qui, il momento…
Mio marito è qui davanti me, con uno sguardo ci siamo già capiti, la borsa è pronta da mesi, andiamo, è meglio se vado senza le protesi, mi lasciano sempre quei brutti segni sulle braccia…
e poi tutto è così veloce, il tragitto senza una parola, siamo come congelati…
ecco l’anestesista… mi fa sentire tranquilla… un bacio a mio marito, ciao, sono pronta, vado…
12 ottobre 2010
… mi sto svegliando, ok, sono viva, mi sento le braccia in fiamme, vedo solo bende, però mi sembra di star bene. E’ fatta, adesso ricomincia tutto.
Gennaio 2013: oggi
Ripenso a questi due anni, il dolore, le scosse, la fisioterapia, i controlli, i prelievi, i punti, tutto sembra così lontano.
Ricordo la prima volta che ho sentito il calore del mio dito sul viso, la mano non aveva ancora sensibilità, ma sulla guancia quel dito era caldo, era “vivo”, ancora oggi ho la pelle d’oca al solo pensiero… o quando ho potuto usare il touchpad del mio pc, con la protesi era impossibile, o quando passandomi un dito della mano sinistra sul palmo della destra, ho avuto i brividi: “in questo piccolo punto sento, sento il mio dito sul mio palmo…”, o quando, durante la S. Messa, ho potuto scambiare il segno della pace, ora posso porgere una mano e non una protesi.
E poi, piano piano, ho ricominciato a sentire i sapori, a dormire meglio, ad essere meno nervosa, a non misurare più la glicemia perché mi è stato tolto il cortisone e diminuito la terapia, e tutto questo, mi dicono, grazie alle infusioni delle mie cellule…
Certo, ci sono cose che ormai sapevo fare anche con le protesi, e che ancora non riesco a fare con queste mani, ma ora sento l’acqua scorrere tra le dita, sento se è fredda o calda, sento il morbido o il ruvido, posso stringere la mano alle persone, posso farmela prendere tra le sue da mio marito, posso fare un buffetto sulla guancia dei miei figli, posso lavarmi i capelli da sola, posso stare da sola per ore perché la mia autonomia cresce ogni giorno, posso lavorare la creta, ora posso “vivere” di nuovo.
A pensarci bene è stata un’esperienza pazzesca, mi dicono sempre che ho avuto un gran coraggio, ma io ripeto che ci voleva più coraggio a dire di no, a non partire per quest’avventura, o a fermarsi prima del traguardo.
Mi piaceva camminare in montagna e paragono spesso il mio percorso ad una lunga scarpinata: sai quando parti, sai qual è la meta, sai più o meno quali sono le tue forze, ma non sai di preciso, quel giorno, cosa potresti trovare su quel sentiero, se farà freddo, se ci sarà troppo sole, se avrai sete o fame, ma sai che dovrai, perché lo vorrai, arrivare là dove ti eri prefissata di arrivare, insieme a tutti quelli che ti hanno accompagnato, a godere di quel panorama stupendo che ti verrà concesso di vedere.
Penso spesso al generosissimo gesto dei parenti di quella donna che mi ha voluto donare una parte così importante della sua vita, per fare della mia una nuova vita, e veramente non ho parole, non ci sono parole sufficientemente grandi…
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