Le opere del giovane William Moretti a Palazzo Cicogna

Prosegue il progetto Spazio Arte Giovane con un nuovo artista che esporrà le sue tele a partire dal 16 marzo negli spazi allestiti in biblioteca

Nell’ambito del progetto Spazio Arte Giovane, dedicato a giovani artisti, giovani curatori, giovani scrittori e poeti, sabato 16 marzo alle ore 17.30 si inaugura negli appostiti spazi allestiti in Biblioteca la quinta mostra personale.  Si tratta di “Χάος (Caos)” dell’artista William Moretti, a cura di Tommaso Tovaglieri.  Come di consueto la mostra, una serie di dipinti coloratissimi e originali, sarà integrata da scritti inediti, ispirati alle opere esposte, espressamente realizzati per l’occasione da giovani autori: Chiara Crespi che proporrà una serie di filastrocche e Federico Limonta che avrà invece un racconto breve.

Così Tommaso Tovaglieri, giovane laureato in scienze dei beni culturali all’Università degli Studi di Milano, descrive la mostra: “L’artista mangia pane e arte tutto il giorno, ha delle particolari antenne per sentire intorno a sé quello che noi non sentiremmo in nessun’altra vita e quando ci sforziamo di guardare e riguardare davanti a noi qualcosa di interessante, Lui, che non guarda ma vede, ha già visto tutto! Quando si entra nel laboratorio-mansarda di William Moretti, si sale in punta di piedi da una scaletta di cemento grezzo, non lavorato, una sorta di patibolo dove la sola via di fuga, è nella vista del Monte Rosa che si scorge dall’unica e piccola finestra all’angolo; prima di essere presi a ceffoni da un villaggio di tele, cavalletti, spatole, lampade e dal protagonista inaspettato: il colore. Pittore più per sentimento che per vocazione, Moretti davanti alla tela sembra collegarsi con l’infinito, sembra volerci raccontare delle visioni del tutto personali di vita vissuta, delle storie appena colte dal mondo della scienza, della filosofia e della letteratura. Storie indecifrabili, criptiche, tradotte in pittura e popolate da divinità, da elementi naturali ma anche da alieni che ci hanno appena voltato le spalle, stazioni della mente e farfalle gigantesche; isolati portali o stargate, a cui aggrapparsi per poter comunicare con il suo universo. Le poesie di Langston Hughes e l’esercizio di “immaginazione attiva” tanto caro al Libro Rosso di Jung, fanno da sceneggiatura alla preparazione mentale del pittore. A tempo di musica il gesto del pennello diviene sempre più segno, sempre più simbolo, un colpo di frusta, un ghiribizzo, linea serpentinata che si trasforma in leitmotiv di tutto il percorso artistico.

Nel giardino segreto dell’arte di Moretti, tutto si può simulare, dall’aneddoto commerciale del campo di girasoli, fino al concetto di maternità, niente è come sembra. La calamita che ci tiene incollati davanti alle sue opere, sta nella forza delle cromie, di tinte materiche, abbacinanti, vivide, quasi laccate, accostamenti di colori esplosivi e non realistici. Gamme fredde di azzurri che rivelano il rosso del fuoco, cieli grigi e lividi come fossero una lavagna, bilanciano su contrasti violenti, macchie di gialli e verdi saturi di una luce lacerante e dirompente. L’elemento naturale non fa più rumore perché imperniato ovunque, il quadro è nel quadro e se da quel tappeto di fiori ci si aspetta soltanto il profumo, anche l’idea del “Caos” inizia a prendere forma. Il pianeta dell’artista non ci chiede nessuno sforzo mentale, al massimo un pensiero da donare al suo creato, ma è  questa la sua grandezza, la sua opulenza, il raccontare, talvolta con effetti tragici ma senza pregiudizio, un posto felice, gioioso, che in fondo ci sorride. “Ut pictura poesis”. In una società piena di istallazioni, molte volte improvvisate, finalmente un Pittore! Quadri da stanza, quadri da camera, quadri da studio, o studiolo, come già piaceva ad Isabella d’Este cinquecento anni fa; decidetelo voi… anzi, chiedetelo ai suoi dipinti”.

Questa è invece la biografia di William Moretti, scritta dal giovane autore Paolo Gamerro:
“Di Willy potrei davvero raccontarvi un sacco di cose: per esempio del giorno in cui ci siamo conosciuti, quasi una decina di estati fa, e io gli ho detto che suonavo la batteria, ma solo veloce e punkrock; potrei parlarvi di tutte quelle volte che abbiamo cazzeggiato in biblioteca e ci siamo persi in infiniti discorsi filosofici, potrei dirvi di quando gli facevo leggere i miei racconti e lui li definiva beat, potrei elencare le migliaia di occasioni in cui ci siamo fatti mega risate, sia sotto l’effetto di alcolici che completamente sani… di tutti i consigli che mi ha dato quando avevo bisogno di un parere o volevo essere rassicurato su qualcosa. Willy è uno dei miei più grandi amici ma non sto qui ad annoiarvi spiegandovi il perché. Sono contento però che nonostante il lavoro e gli impegni che crescono e si accavallano continuamente, abbia sempre trovato il tempo di disegnare e di sfogarsi creativamente, scappando dal grigio della vita quotidiana, dipingendo su tela le proprie sensazioni colorate, dando vita ad opere suggestive e coinvolgenti. Perché io credo che realizzarsi significhi proprio questo”.

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Pubblicato il 12 Marzo 2013
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