Quattro italiani per il trono d’Europa

Vengono tutti dal nostro paese gli allenatori delle squadre finaliste di Champions League: oltre a Parisi ci sono Abbondanza, Guidetti e Barbolini. Le grandi favorite sono Rabita e Vakif

Comunque vada, domenica 10 marzo sarà un italiano ad alzare la Coppa. Tutti e quattro i coach delle squadre qualificate alle final four di Champions League di pallavolo femminile, infatti, vengono dal nostro paese: insieme a Carlo Parisi ci sono Marcello Abbondanza (Rabita Baku), Giovanni Guidetti (Vakif, nella foto CEV) e Massimo Barbolini (Galatasaray). Non certo una coincidenza, se si considera che altri due tecnici italiani (Chiappini e Micelli) sono stati eliminati nei quarti di finale. Aggiungiamo che tutti gli allenatori finalisti sono anche commissari tecnici di una nazionale: Abbondanza guida la Bulgaria, Guidetti la Germania, Barbolini – da gennaio – la Turchia e Parisi la Repubblica Ceca. La pallavolo italiana, insomma, è ben lungi dall’essere morta: ha soltanto traslocato altrove.
Certo, nella sfida fratricida tra connazionali ci sarà chi festeggerà e chi resterà a bocca asciutta. Quasi inutile dire che le favorite sono due: da una parte il Vakifbank, già campione due anni fa e in questa stagione imbattuto in tutte le competizioni, e dall’altra il Rabita Baku, forza emergente del volley europeo che vuole dimenticare le delusioni delle scorse partecipazioni. Più difficile, molto più difficile, che a vincere sia una delle altre due: il Galatasaray, qualificato di diritto come squadra organizzatrice, può contare perlomeno sul sostegno dell’accesissimo pubblico di casa, mentre la Unendo Yamamay è decisamente la “cenerentola” del gruppo. Ma le sorprese, nella storia di questa manifestazione, non sono mai mancate…

RABITA BAKU – A Marcello Abbondanza e Aury Cruz (ma anche all’assistente Bragagni e al fisioterapista Monzoni) non è bastato mettere 2000 chilometri tra sé e l’Italia per lasciarsi alle spalle il passato: sabato si troveranno di nuovo di fronte l’avversaria meno attesa e anche la meno amata, quella Busto Arsizio che lo scorso anno ha sfilato loro di mano per l’ennesima volta lo scudetto. Anche per il Rabita, del resto, l’incrocio con le bustocche non è foriero di ricordi positivi: nel 2010 fu la Yama a eliminare le padrone di casa dalle finali di Coppa CEV. Cabala a parte, però, l’unica cosa di cui Abbondanza può davvero preoccuparsi è la pressione per il risultato a tutti i costi: la sua è una vera e propria macchina da guerra costruita per vincere la Champions, obiettivo sfiorato nel 2011 e clamorosamente mancato lo scorso anno, quando la final four si giocava proprio in Azerbaijan. Il gioiello si chiama Madelaynne Montaño, opposto dotato di straordinaria potenza e killer instinct, detentrice del record assoluto di punti in una singola partita (53); ma accanto a lei ci sono pure Akinradewo e Krsmanovic, due tra le centrali più forti in circolazione, e lo stesso si può dire della dominicana Brenda Castillo, che a soli 21 anni è già nel novero dei migliori liberi del mondo. In banda tante opzioni a disposizione delle azere, da Cruz (che assicura solidità in ricezione) alla giovane Rabadzhieva e all’esperta Grun. Palleggia la polacca Skorupa, già vista a Urbino: non un fenomeno, ma una giocatrice solida e dalle mani educate, il che dovrebbe bastare e avanzare con simili bocche da fuoco a disposizione. L’unica incognita è costituita dagli improvvisi blackout mentali già intravisti nelle due gare della prima fase contro Villa Cortese: finora non sono mai durati più di un set, ma in un’eventuale finale potrebbero rappresentare un pericolo.

VAKIFBANK ISTANBUL – Non una squadra, ma un panzer che ha vinto tutte le partite disputate in ogni competizione: campionato, Coppa di Turchia (sollevata lo scorso 28 febbraio) e Champions League, per un totale di 34 incontri. Sulla carta il successo in Coppa, per di più a Istanbul, non dovrebbe essere neppure quotato, ma il precedente c’è e Guidetti lo conosce bene, visto che nel 2011 fu proprio lui a eliminare in semifinale l’apparentemente invincibile Fenerbahce (che però qualche punto lo aveva lasciato per strada) e portarsi a casa a sorpresa la Champions. Oggi la storia si ripete a parti invertite, solo che la squadra della capitale turca non sembra disposta a cedere di un millimetro: forse dotato di meno talento individuale del Rabita, ma più solido e compatto a livello di squadra, il Vakif si presenta al via delle finali in pole position. Della squadra che vinse due anni fa sono rimaste il capitano Gözde Sonsirma e la centrale Toksoy, colonne della nazionale turca, oltre all’eterna Glinka, per anni protagonista del campionato italiano; accanto a loro brillano però le stelle dell’opposto Brakocevic, dell’altra centrale Fürst, della giapponese Kimura e della palleggiatrice Naz Aydemir (foto CEV)i, una delle più talentuose del continente, già vincitrice della Champions lo scorso anno con la maglia del Fenerbahce. Insomma, una formazione magari non stratosferica ma priva di veri punti deboli, micidiale in battuta e a muro, tenace e resistente come il carattere del suo allenatore. La competizione interna con il Galatasaray, partendo da questi presupposti, non può che essere un motivo di esaltazione in più; questa volta, però, qualsiasi risultato che non fosse la vittoria finale sarebbe una grossa delusione.

GALATASARAY ISTANBUL – Calderon, Gioli, Lo Bianco: la squadra giallorossa la conosciamo come se il quartiere di Galata fosse casa nostra, e non soltanto per l’indiscusso valore internazionale di molte sue giocatrici. Il fatto è che Barbolini, dopo aver incontrato (e battuto) per due volte Busto nella prima fase di Champions, ha scelto ancora l’Italia per una tournée di preparazione al grande evento, assolutamente necessaria per valutare il livello della squadra che ha saltato a piè pari i playoff di qualificazione. Bilancio: il Galatasaray è cresciuto tantissimo rispetto alla squadra che lo scorso anno contese alla Yamamay la Coppa CEV, grazie all’arrivo di fuoriclasse come Simona Gioli e, a stagione in corso, del libero giapponese Sano, ma resta comunque un gradino sotto le connazionali del Vakif. Il limite resta un gioco piuttosto scontato, incentrato sulle doti offensive di una Rosir Calderon (nella foto) a tratti incontenibile, anche se Ozsoy rappresenta una buona alternativa in attacco; punti di forza, ovviamente, la classe cristallina di Leo Lo Bianco e la ricezione di Molnar, tassello fondamentale per dare equilibrio alla squadra. Il resto preoccupa meno, ma attenzione al contributo della panchina, con le insidiose Alikaya e Ilyasoglu pronte a subentrare. Le vere armi in più del Galatasaray sono però l’ambiente e il pubblico: i tifosi della polisportiva giallorossa, un blocco monolitico che coinvolge anche calcio e basket, sono abituati a scatenare l’inferno anche nelle trasferte più difficili. Figuriamoci nel palazzetto di casa, dove il volume sarà prevedibilmente assordante e la pressione (anche scorretta) sulle avversarie ben oltre i livelli di guardia.

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Pubblicato il 08 Marzo 2013
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