Con la rete l’artigiano diventa glocal
Intervista a Fabio Lalli, lunedì 22 presente ai Molini Marzoli di Busto Arsizio con Ivana Pais per il convegno “La rete che moltiplica idee e progetti”
«Vivo digitale, penso, parlo e scrivo di tecnologia e nuovi media. Ho dato vita al progetto CulturaDigitale.com per la diffusione della cultura digitale in Italia. Amo Internet, sono affascinato dalla innovazione e dalla tecnologia e da tutte le sue applicazioni. Sono incuriosito dalla comunicazione e da tutti i mezzi che la rendono più veloci. Penso e ricerco continuamente idee».
A dirlo è Fabio Lalli, ceo di IQUII, mobile company tutta italiana, e presidente di Indigeni digitali, un business network che conta 12mila persone in Italia e un’Associazione no-profit con più di 600 associati. Lalli parteciperà con la sociologa Ivana Pais al convegno “La rete che moltiplica idee e progetti” organizzato da Confartigianato imprese Varese in avvicinamento al congresso 2013 in programma per lunedì 22 aprile, alle 18.30, ai Molini Marzoli Massari – Technociy (via Alberto da Giussano 10) di Busto Arsizio. Con Lalli (fondatore e presidente di Indigeni Digitali), si parlerà di reti, social network, web, impresa è un protagonista di quel futuro che oggi sta conquistando il mondo: ha lavorato per anni in aziende di consulenza e si muove con sicurezza nell’analisi, nella progettazione e nell’ottimizzazione di processi, sistemi, architetture e applicativi web e mobile. È di questo, infatti, che tratta anche il suo libro da titolo “Geolocalizzazione e mobile marketing” per la Franco Angeli Editore.
A tracciare il suo percorso di “maker”, è lo stesso Fabio: «Quando ero giovane eravamo makers di prodotti fisici e consumer di contenuti. Per noi era importate l’oggetto, il contenuto veniva dopo: ci interessava la sua ’oggetto, le sue componenti e la sua composizione». Oggi, il maker è un’altra cosa: «Produce contenuti ed è un consumatore di tecnologia». Ma si tratta pur sempre di un “artigiano” che crea, elabora, inventa. Produce. Perché «si avverte ancora il bisogno di dare vita a qualcosa di fisico».
Se il web ha una sua logica, Lalli la sa interpretare al meglio. Le sue parole d’ordine sono crowdsourcing, cocreazione, coworking. In breve, condivisione, interazione, confronto. Contaminazione.
Ma cosa piace a Fabio Lalli?
«Connettere le persone che dialogano on-line con momenti di incontro e condivisione – di pochi minuti o di intere giornate – su temi legati al mondo del digitale. È questo che faccio con Indigeni Digitali».
Il digitale può supportare le imprese nel lavoro quotidiano?
«È un fatto culturale ma anche pratico: partecipare ad un network come Indigeni Digitali (ma non solo), fa incontrare / connette persone con competenze diverse dalle proprie, facilita il contatto con idee che possono essere compatibili con la propria impresa ma delle quali non si conosce l’esistenza, aiuta nel miglioramento tecnologico del prodotto».
L’impresa artigiana come può coniugare il digitale al suo fare quotidiano?
«La rete ha il vantaggio di essere uno strumento di propagazione e diffusione: la piccola impresa mantiene le sue caratteristiche sul territorio e le radica, mentre il digitale permette di diventare globale e conservare nello stesso tempo un aspetto “local” dell’imprenditoria. Non solo con il digitale ma anche con tecnologie di prossimità o sensoristiche: tutto questo potrebbe essere utilizzato in modo diverso, o di più, per migliorare i processi dell’impresa, i contatti con l’utente finale, il prodotto. Si tratta di quella cultura del digitale applicata all’artigiano. Perché anche chi si interessa di digitale è un artigiano: si deve solo capire la differenza che passa tra l’artigiano e l’artigiano digitale».
Cosa è l’innovazione applicata al digitale?
«Ricordo sempre un esempio particolarmente azzeccato. Una scala e un ascensore: quali fra i due è più tecnologico e innovativo? La risposta è semplice: dipende. Dipende da come vengono utilizzati: se la scala risale all’Ottocento ed è trattata come mostra permanente di oggetti storici permette di socializzare, osservare nuovi contenuti e soffermarsi di fronte ad informazioni che magari sono sempre sfuggite, allora è innovativa. Il digitale è anche fatto di strumenti utili per migliorare il proprio business».
Qualche esempio?
«Valorizzare il territorio attraverso un rapporto “utente su utente”. Con i social network si possono esprimere preferenze e giudizi sul territorio, e questo avvicina l’utente a livello locale e alle aziende che ci operano. Ma non si deve parlare solo di digitale come social network. Pensiamo ad altre tecnologie come l’Rfid per il tracciamento della movimentazione della merce, la tracciabilità per ogni tipo di prodotto o la gestione della produzione in azienda. L’Rfid non solo quantifica le spese e le perdite (di materiale, per esempio) ma responsabilizza agenti, tecnici, collaboratori. Tutti coloro che hanno a che fare con ciò che si sposta all’interno e all’esterno dell’impresa. Poi, c’è il business to business: piattaforme di market place, di approvvigionamento e di integrazione di aziende sul territorio. Anche in questo caso per condividere, fare rete, sviluppare progetti in comune e aumentare la propria competitività».
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